ESOTERISMO E CABALA IN DON CHISCIOTTE
Nicolás Díaz de Benjumea (1820 -1884 ), giornalista e cervantista spagnolo, ha dato del libro "Don Chisciotte" una lettura fondamentalmente anticlericale, al punto da essere additato come pensatore anticattolico.
Il Don Chisciotte di De Benjumea, è, infatti, secondo l’autore un personaggio anticlericale come emergerebbe dai suoi frequenti scontri con rappresentanti di un clero fanatico ed ignorante, nei riguardi del quale mostra grande ostilità.
De Benjumea definisce inoltre il "Don Chisciotte" una satira delle credenze e delle superstizioni religiose e della devozione alla Madonna.
Dulcinea corrisponde per lui alla Vergine Maria in grado di elevare l’animo e di fronte alla quale l’Hidalgo si inchina, o, in alternativa, alla luce della Ragione, ma queste considerazioni appaiono quantomeno opinabili.
Una delle evidenze su cui De Benjumea basa l’anticlericalismo di Cervantes sta nell’esegesi allegorica dell’arrivo notturno a Toboso del Cavaliere e di Sancho per omaggiare Dulcinea. Essendo tarda notte, i nostri due personaggi confondono una chiesa con il presunto palazzo della dama e perentoria ed evocativa giunge l’esclamazione di don Chisciotte, che nell’allontanarsi dal luogo, afferma: “Con la Chiesa abbiamo già dato!”.
A detta di Benjumea e di altri critici quest’affermazione costituisce un’evidente presa di posizione anti-ecclesiastica.
Secondo Alfonso Oriente nel suo articolo "L’esoterismo del Don Chisciotte della Mancia" nel romanzo emergono invece diversi aspetti dell’iniziazione muratoria.
Il cavaliere Don Chisciotte percorre una via iniziatica cercando, a suoi modo, di coniugare saggezza, forza e bellezza che rappresentano le colonne del Tempio universale. Sancho imita invece don Chisciotte come l’iniziando imita il Maestro, inconsapevolmente, eseguendo le sue prove iniziatiche di cavalleria e di metafisica.
Dall'altra parte vanno anche ricordate le radici di Cervantes che affondano nella storia dei convertiti, dei suoi viaggi in Italia e Oriente e della sua permanenza nel carcere di Algeri, elementi che sarebbero fondamentali per spiegare il misterioso contatto con l'esoterismo e la Kabbalah, che pervade la sua opera.
Secondo altri studiosi, Cervantes viveva profondamente le ansie degli "anusin", ossia di quegli ebrei costretti a convertirsi con la forza.
La scrittrice Dominique Aubier, nel suo saggio del 1966 "El Quijote Profeta d' Israele" (ristampato nel 2013 da Edizioni Ivrea) sostiene che Don Chisciotte abbia ramificazioni cabalistiche. Secondo lei si tratterebbe di un libro esoterico basato sulla Kabbalah. A suo parere Il Don Chisciotte assume il quarto livello di comprensione della tradizione sacra ebraica. Nel saggio appaiono numerosi esempi di parole che lette in base alla specifiche tecniche del misticismo ebraico possono rivelare la loro doppia natura linguistica. Per Aubier, l’ebraismo de Cervantes è indubbio.
Nel saggio si propongono numerosi esempi di parole che lette in base alla specifiche tecniche del misticismo ebraico possono rivelare la loro doppia natura linguistica.. L'autore di “El Quijote? sarebbe stato in grado di tutelare e sintetizzare le conoscenze del pensiero ebraico in un momento in cui grave era la minacciata da parte dell’Inquisizione. Un’ipotesi, questa, difesa da altri autori come Ruth Reichelberg, professore di letteratura comparata all'Università Bar-Ilan (Tel -Aviv) e dal professor Bernard Baruch, che sostiene che nel romanzo si riscontra una trascrizione quasi letterale della "Gemara Nedarim" del Talmud, un estratto dal "Agadah", racconto talmúdico di un processo davanti al "Tanita Raba"
Va tuttavia notato che diversi specialisti nell'opera di Cervantes hanno respinto queste teorie, tra cui il professor Ruth Fine, della Hebrew University di Jerusalén. Cervantes aveva una profonda conoscenza del Talmud e conosceva gli insegnamenti mistici dei cabalisti, la cui culla erano i quartieri ebraici di Toledo in Spagna e Cremona in Italia.