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  • Sibilla Mannarelli

SHELLEY, IL POETA VEGETARIANO


Percy B. Shelley (1792-1822) sebbene dichiarasse il suo ateismo, era più un panteista e un epicureo per cui la felicità consisteva nell'atarassia, cioè in una soave calma dell'anima. Il suo primo poema importante "Queen Mab (1813) conteneva un annuncio della fede che andava maturando in lui, nello spirito della natura come spirito d'amore.

Come poeta e intellettuale difese il pensiero liberale e si ribellò apertamente alle istituzioni religiose e politiche inglesi.

Per Shelley Dio era tutta la natura e il mondo stesso, l'uno e il tutto riuniti nella memoria della specie, un Dio in marcia con l'umanità.

Il suo pacifismo e la sua non violenza ispirarono la disobbedienza civile di Henry David Thoreau e la resistenza nonviolenta del Mahatma Gandhi. Gandhi citò spesso brani de “La maschera dell'anarchia” (nel quale l'anarchia è intesa nel tradizionale significato di caos, e non come libertà dai tiranni) di Shelley, opera che venne definita "forse la prima formulazione moderna del principio di resistenza non violenta". L'ispirazione pacifista, evidente anche in altre opere come “La rivolta dell'Islam”, portò Shelley a teorizzare una rivolta senza violenza alcuna.

Sia Shelley che la moglie Mary (autrice del famosissimo Frankenstein) furono strenui difensori del vegetarianismo, che cominciarono a praticare nel 1812 dopo l’incontro con l’autore di “The Return to Nature”, John Frank Newton, personaggio estremamente colto che influenzò la loro scelta. Più tardi i due confermarono i miglioramenti di questo cambio di alimentazione sul proprio stato di salute.

Shelley scrisse due articoli a difesa della dieta vegetariana. In "Rivendicazione della dieta naturale" considerò il mangiare carne una conseguenza dell'espulsione dal paradiso terrestre descritto nel Vecchio Testamento, ed una prova che quello attuale fosse il mondo "dopo la caduta". Parlando di Prometeo diceva che, avendo egli portato alla gente il fuoco per scopi alimentari e avendo permesso così di consumare carne, era stato condannato ad avere il fegato perpetuamente divorato dagli avvoltoi.

Il secondo articolo di Shelley fu "Sul sistema della dieta vegetariana". L'autore considerava il mangiare cibo animale un'abitudine innaturale causa di malattie. Egli prendeva spunto dal fatto che gli uomini non fossero dotati dei tipi di denti di cui erano provvisti gli animali predatori è che quindi fosse facile desumere che il cibo animale non dovesse essere mangiato dagli esseri umani. Egli sottolineava inoltre come mangiare cibo animale significasse torturare degli esseri viventi che venivano seviziati dagli uomini sia quando venivano uccisi sia nella maniera in cui erano allevati.

Egli consigliava (circa due secoli fa): "Non assumere alcuna sostanza che abbia precedentemente avuto vita. Il vegetarianesimo vi darà longevità. Evitare la carne non significa automortificazione, ed è a vantaggio sia vostro che dell'ambiente naturale di cui fa parte. Sarete ricompensati per questo."

Shelley scrisse inoltre: "Se l'uso del cibo animale sovverte la quiete del consorzio umano, quanto sarebbero imperdonabile l'ingiustizia e la barbarie esercitata verso queste povere vittime! Esse sono chiamate a vivere dall'artificio umano solo allo scopo di vivere una breve e infelice esistenza di malattia e schiavitù, perchè il loro corpo sia mutilato e violato il loro affetto. Molto meglio sarebbe che un essere capace di sentimenti non sia mai esistito, piuttosto che sia vissuto soltanto per sopportare una dolorosa esistenza senza sollievo alcuno”.

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