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  • Massimo Mannarelli

LA SCUOLA DI MISTICA FASCISTA

La mistica fascista era una corrente di pensiero fideista tutta interna al fascismo che si sviluppò per l'impegno costante di Niccolò Giani con l'appoggio determinante di Arnaldo Mussolini.

Il movimento fascista per essere compreso doveva essere considerato in tutta la sua vastità e profondità di fenomeno spirituale. Le sue manifestazioni, affermava Mussolini (5-1-1924), furono le più potenti e le più decisive, ma non bisognava limitarsi ad esse.

Il fascismo italiano non è stato infatti solamente una rivolta politica contro governi fiacchi e incapaci che avevano lasciato decadere l’autorità dello stato, ma anche una rivolta spirituale contro le vecchie ideologie. Come rivolta spirituale, dunque, il fascismo è stato espresso direttamente dal popolo.

La Scuola di Mistica Fascista (che prese il nome da Sandro Italico Mussolini figlio di Arnaldo Mussolini prematuramente scomparso) fondata a Milano il 10 aprile 1930 ed attiva fino al 1943, fu promossa da Niccolò Giani che, insieme ad un gruppo di giovani in prevalenza universitari, aveva come fine quello di esaltare il lato spirituale più che materialistico della rivoluzione fascista.

Scriveva a tal proposito Giani: "Non cercate altrove, guardate al fascismo, imparate a conoscerlo e lo amerete, studiatelo e diventerà la vostra idea. Né per voi sarà mai una catena, ma un vincolo d’amore verso una creazione più grande dell’umanità. Esso sarà per voi e per tutti l’alba di un nuovo giorno".

La definizione di "mistica" fu ispirata da Louis Auguste Paul Rougie (1889-1982), filosofo francese, che insegnò a Roma tra il 1920 e il 1924 e che diede importanti contributi all'epistemologia, alla filosofia della scienza, alla filosofia politica e alla storia del cristianesimo .

L’attività dei giovani mistici si espletava tramite pubbliche riunioni libere a tutti "poiché” affermavano “il Fascismo è apostolato, cui tutti debbono potersi accostare con cuore sincero per sentirne la bellezza ed essere presi dell’altezza della missione che la provvidenza ha affidato al Duce".

Ispiratore del gruppo dei giovani della mistica fu Arnaldo Mussolini che con il discorso "Coscienza e dovere", pronunciato per l’inaugurazione del terzo anno della Scuola, fornì ai "mistici" quello che essi considerarono il loro manifesto etico-politico. Affermava Arnaldo Mussolini: "lo spirito che vi anima è in giusta relazione al correre del tempo che non conosce dighe nè ha limiti critici; mistica è un richiamo a una tradizione ideale che rivive trasformata e ricreata nel vostro programma di giovani fascisti rinnovatori. [...] Il problema dei giovani per noi è un problema di formazione salda del carattere e per voi giovani si accoglie nell’unità indissolubile di questo binomio: coscienza e dovere. [...] Il domani deve essere migliore dell’ oggi. Voi, in una parola, dovete essere migliori di noi. Non mi spiace quando vedo in voi dei giudici severi intransigenti di cose e persone. [...] Le questioni di stile anche nei minimi particolari devono avere per voi un’importanza singolare, essenziale. Ogni giovane fascista deve sentire la fierezza della sua gioventù unita al senso dei propri limiti [...] qualunque manchi di stile, sarà sempre fuori dello spirito e fuori dal costume fascista. Le miserie non sono degne del ventesimo secolo. Non sono degne del Fascismo. Non sono degne di voi".

Il culto del Duce, quale fondatore e massimo interprete del fascismo e della sua missione storica, fu posto al centro dell’attività della Scuola di Mistica Fascista. "Ogni vera rivoluzione mondiale” scriveva Giani “ha la sua mistica, che è la sua arca santa, cioè quel complesso di idee-forza che sono destinate ad irradiarsi e ad agire sul subcosciente degli uomini. La scuola, è sorta appunto per enucleare dal pensiero e dall’azione del Duce queste idee-forza. La fonte, la sola, unica fonte della mistica è infatti Mussolini, esclusivamente Mussolini. Forse che ignorando o non conoscendo a fondo il pensiero del Duce si può affermare di essere fascisti? Noi diciamo di no. Che il fascismo non è istinto ma educazione e perciò è conoscenza della sua mistica, che è conoscenza di Mussolini".

Nello studio di Mussolini vero e proprio "vangelo del fascismo" i giovani della mistica trovavano tutte le risposte, "solo la Sua parola può dare la risposta esatta e perfetta ai nostri dubbi, può placare le nostre ansie, può diradare le nostre foschie. Ecco perchè i Suoi discorsi e i Suoi atti devono essere il nostro viatico quotidiano, il nostro breviario di ogni giorno, la pronta risposta ad ogni nostra segreta pena. Ecco perchè noi giovani dobbiamo averlo sempre vicino e studiarlo con amore, conoscerlo senza lacune, approfondirlo senza soste. [...] Dubbi e pessimismo, incertezze e indecisioni sono scomparsi quando abbiamo aperto la pagina giusta e abbiamo letto il pensiero preciso del capo. Questa gioia e questa fortuna devono essere di tutti: questo noi vogliamo e per questo dobbiamo arrivare all’ esposizione organica di tutto il Suo Pensiero e di tutta la Sua Azione".

La fede era considerata dai "mistici" uno dei valori principali della militanza politica, Giani "fu soprattutto un fedele ed un intransigente. Taluni potrebbero chiamarlo un fanatico [...]. Il suo spirito si ribellava a qualunque forma di compromesso; sul terreno della fede non ammetteva patteggiamenti; il bello, il buono, il vero sono da un lato della barricata; dall’altra parte c’è il brutto, il male, la meschinità".

I giovani della mistica si sentivano appartenenti ad un ordine religioso, nella consegna data alla Scuola Mussolini aveva infatti detto loro: "La mistica è più del partito un ordine. Chi vi partecipa deve essere dotato di una grande fede. Il fascismo deve avere i suoi missionari, cioè degli uomini che sappiano convincere alla fede intransigente. È la fede che muove- letteralmente - le montagne. Questa può essere la vostra parola d’ ordine".

Frequenti furono i richiami della Scuola alla necessità di contrastare in ogni sua forma lo spirito borghese e a tal proposito scriveva Giani: "insorgiamo con tutte le nostre forze contro coloro che vorrebbero inchiodare la Rivoluzione riducendola a vigile e disciplinato guardiano delle loro piccole o grandi ma pur sempre miserevoli fortune, dimenticando che il Fascismo lo si serve e di esso non ci si serve [...]. All’indice i timorosi, i rimorchiati, tutti coloro che nella rivoluzione hanno visto e continuano a vedere solo il carabiniere che deve garantire la loro modesta tranquillità casalinga".

I giovani della mistica dovevano formare gli uomini nuovi, gli italiani di Mussolini, "solo quando un valore - scriveva Giani - o un principio si connatura al punto da diventare esigenza inderogabile, cioè stile, esso è storicamente operante. E lo stile, soltanto lo stile è il rilevatore della compiutezza degli uomini nuovi e lo stile distingue realmente il fascista".

La mistica doveva rappresentare non una "nozione di cultura", ma un modo di vivere fascista, "non vuole dare della cultura, nè dottrinarismo, ma essa è e vuole rimanere maestra di vita: che tutto torna agli uomini, ha detto Mussolini".

"Siamo dei mistici - affermava Giani al convegno nazionale indetto dalla Scuola nel 1940 sul tema ‘Perché siamo dei mistici’ - perché siamo degli arrabbiati, cioè dei faziosi, se così si può dire, del Fascismo, uomini partigiani per eccellenza e quindi per il classico borghese anche assurdi [...] del resto nell’impossibile e nell’assurdo non credono solo gli spiriti mediocri. Ma quando c’è la fede e la volontà, niente è assurdo. [...] La storia è e sarà sempre un assurdo: l’assurdo dello spirito e della volontà che piega e vince la materia: cioè la mistica. Fascismo uguale Spirito, uguale a Mistica, uguale a Combattimento, uguale a Vittoria, perché credere non si può se non si è mistici, combattere non si può se non si crede, marciare e vincere non si può se non si combatte".

La guerra rappresentò per i giovani della Scuola il banco di prova della loro preparazione, "una rivoluzione” aveva scritto F. Mezzasoma vicedirettore della Scuola “che voglia durare e perpetuarsi nei secoli ha bisogno di collaudare al fuoco della guerra l’ idea dalla quale è sorta e per cui combatte". Nella primavera del 1943 saranno 16 i caduti (cinque le Medaglie d’oro) della Scuola. Niccolò Giani cadde in Albania il 14 marzo 1941.

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