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  • Massimo Mannarelli

KRISHNA, UN INVIATO DI ALLAH


Nel Corano vi è scritto: “Ogni comunità ha un Messaggero Divino” (Corano, 10: 48).

Ogni comunità religiosa nasce con l’avvento di un Messaggero Celeste, un profeta, e, infatti, il Corano dichiara: “E ogni popolo ha la sua Guida” (Corano, 13: 7).

Il Corano cita per nome solo 24 Profeti, ma la tradizione islamica afferma che apparvero 124.000 Messaggeri di Allah nel mondo (Musnad, v.266). Altrove, il Corano proclama: “E non v’è nazione in cui non sia stato già un Ammonitore in antico” (35: 25).

Tra i profeti nominati nel Corano il primo è Adamo, seguito da Abramo, l’amico di Dio, Mosè e Gesù, a cui è attribuito il titolo di al-masih, il messia. L’ultimo è Muhammad, chiamato “il sigillo dei profeti”: egli non solo è l'erede dei profeti precedenti, ma il sigillo con il quale la profezia si compie e si conclude. Il Santo Profeta interpreta in prima persona l'ultima fase della storia sacra, dopo la sua venuta Dio non rivela più nulla.

Nei testi induisti è difficile trovare le rivelazioni così come sono intese tradizionalmente dalle altre religioni. Ciò è dovuto, in primo luogo, perché il concetto delle rivelazioni è circoscritto interamente agli insegnamenti Vedici, dall'altro per il fatto che Dio si manifesta in una forma umana per istruire l'umanità.

Gli antichi rishi, ad esempio, considerati i destinatari dei Veda sono mirabili religiosi che troncano tutti i legami col mondo materiale sottomettendosi completamente alla volontà di Dio. I vari eruditi della storia Indiana affermano che i rishi appartenevano alla categoria più antica degli esseri umani.

Tuttavia per quanto i Veda siano ritenuti degli insegnamenti Divini, non esiste nessun resoconto certo che i rishi abbiano ricevuto una rivelazione verbale e ben definita.

Se l'ispirazione dei rishi sia davvero una rivelazione divina, probabilmente rimarrà un dilemma poiché ciò che sappiamo delle fonti Indù si fonda interamente sulla loro fede.

Nel Santo Corano è detto: “Leggi dunque quel che t’è stato rivelato dal Libro del tuo Signore, le cui parole nessuno può mutare.” (Corano, 18: 27) La verità originaria si è sempre mantenuta intatta e pura. Un attento esame delle scritture originarie rivela che l'Induismo non differisce nella sostanza dalle altre religioni rivelate. Secondo alcuni orientalisti, vi sono elementi sufficienti nel Mahabharata e nella Bhagavad Gita per affermare che Krishna non sostenne mai d’essere Dio nè tantomeno pretese d’essere immortale; in tal senso Krishna non fu diverso da quelle figure sante che comparvero prima o dopo di lui nella storia delle religioni.

Il Mahabharata cita che la probabile fonte di conoscenza di Krishna è un Bramino venuto dalle regioni Paradisiache: “In un'occasione, un Bramino venne a noi dalle regioni Paradisiache. Irresistibile d’energia, venne dalle regioni degli avi... (prosegue). Fu riverito debitamente. Ascolta, ciò che rispose alle nostre domande. Il Bramino disse, Quello che mi hai chiesto, O Krishna, è collegato alla religione di Moksha (Emancipazione), che è guidata dalla tua pietà per tutte le creature e non per il tuo bene, quello, effettivamente, distrugge tutte le delusioni. O tu che possiedi l'arte della potenza suprema, adesso ti narrerò ciò nella dovuta maniera. Ascolta attentamente e concentrati quando ti parlo.” (Mahabharata, Libro 14: Aswamedha Parva, Sezione XVI, Anugita Parva)

Le biografie autentiche narrano che Krishna nacque intorno al 1458 a.C. come un qualsiasi altro bambino. Era figlio di Vasudeba e di sua moglie Deboki. Lo chiamarono Kinai (Kinhai). Il nome “Krishna” fu dato in seguito e significa “l'Illuminato”. Visse, agì e presenziò alla divina chiamata come altri esseri umani. Egli condusse una vita simile a quella di un qualsiasi altro bambino, sebbene possedesse dei poteri soprannaturali eccezionali (al pari d’altri molti Profeti di Dio).

Fin da piccolo diede dimostrazione di una forte maturità acquisendo e manifestando eccezionali qualità di guida spirituale. Sul campo di battaglia i suoi eserciti conseguirono delle vittorie storiche su empi e materialisti. La sua eccelsa posizione di leader spirituale gli consentì di operare delle riforme che raramente vide l'India. Esortò la gente alla rettitudine e ad evitare la malvagità.

La sua descrizione fisica presenta alcune curiosità. Gli artisti Indù raffigurano il Signor Krishna con quattro braccia anziché due, e con le ali. “Krishna, mostra ad Arjuna la Sua forma a quattro braccia, poi riprende la Sua forma a due braccia per riconfortare l'impaurito Arjuna.” (Bhagavad Gita, capitolo 11, versetto 50). L'immagine di Krishna munito di quattro braccia e ali simboleggia le facoltà straordinarie dei migliori servitori di Dio. Anche nel Santo Corano vengono citate le ali del Santo Profeta dell’Islam: “Abbassa però la tua ala verso i credenti” (Corano 15: 88). Egli viene incoraggiato da Dio ad abbassare la sua ala di misericordia sui credenti.

Tornando a Krishna si ricordano le belle fanciulle dalle vesti colorate che si accalcano attorno a lui, le gopi. Il termine gopi indica una donna che si prende cura delle vacche, una pastorella. Gao'pal (italianizzato Gopala), un titolo riferito a Krishna, vuole dire “il guardiano delle vacche.” Lo stesso concetto è contenuto nei racconti Biblici dei Profeti Israeliti, i quali sono i pastori che accudiscono invece le pecore della casa d'Israele.

Krishna è anche chiamato Murli Dhar che significa flauto suonato. Il flauto, è evidentemente un simbolo della rivelazione, perché la melodia che il flauto emette, non è emessa dal flauto stesso. Trasmette solo ciò che si sta soffiando. Quindi, fu lo stesso Krishna ad esser dipinto come un flauto suonato da Dio. In questo modo, il flauto diventa il simbolo più espressivo dell'integrità dei Profeti, che non comunicano niente di sé stessi, ma solo ciò che è rivelato dall'alto.

Così, la realtà di Krishna non è diversa da quello di un altro profeta, il quale essendo un fedele custode dei messaggi Divini, li consegna al mondo inalterati; in India poi, alcuni sufi credono che Krishna abbia trasmesso la "conoscenza profonda" ad Arjuna, nello stesso modo con cui il Santo Profeta fece con l'Imam Alì.

Il Santo Profeta disse: “Kana fi-l-hindi nabiyya asuadu-l-launi ismuhu Kahina” che significa “Un Profeta apparve in India. Era scuro di carnagione. Il suo nome fu Kahina.” (citato nel Taarikh-i-Hamdaan Dailami Baab-ul-Kaaf; Pocket book p: 854 di Malik Abdur Rehman Khadim 6 edizione, pubblicato nel 1952). La parola Kahina indica Sri Krishna, chiamato anche Kanayya e Kannan.

Ora, chiunque conosce la storia delle religioni Indiane, collega subito questo detto al Krishna che è sempre descritto di carnagione scura. Inoltre, il titolo Kanhaya è aggiunto al nome di Krishna.

Kanhaya ha le stesse consonanti K, N, H del nome Kahin, una somiglianza non senza significato (in Arabo significa prete, sacerdote, indovino, ecc…).

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