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Massimo Mannarelli

SHEIKH MUHAMMAD, IL SUFI CHE AMAVA KRISHNA


Sayyid Sheikh Muhammad Qadiri (1560–1650), noto anche come Baba Sheikh Mohammad di Shrigonde fu un santo poeta musulmano venerato dagli indù. Autore dello Yoga-Samgrama è considerato il più noto poeta musulmano marathi.

Nacque e trascorse la sua esistenza a Shrigonda, Maharashtra, India. Era figlio di Raje Muhammad, un sufi dell'ordine Qadiriyya (Kadri, Qadiri).

Il suo guru era il santo Changa Bodhale, un induista Vaishnava, guru anche di Janardan Swami, maestro del santo poeta Eknath (1533-1599).

Changa Bodhale, noto come Said Changasaheb Kadri nelle tradizioni sufi, era considerato un avatar del dio indù Dattatreya ed era discepolo del padre di Muhammad.

Sheikh Muhammad divenne seguace della scuola di filosofia indù Advaita Vedanta e scrisse non solo lo Yoga-samgrama, ma anche il Pavana-vijaya, il Nishkalanka-prabodha e lo Jnanasagara, oltre a molti canti e abhangas (poesie devozionali), uno in particolare in lode di Vithoba, manifestazione del dio Vishnu.

I suoi scritti mostrano l'influenza sia del bhakti yoga che del sufismo islamico.

Lo Yoga-samgrama, composto nel 1645 e contenente 2319 ovis (poesie), è il suo “magnum opus”.

Il tema centrale di questo lavoro filosofico è "la lotta dell'anima per realizzare e sperimentare Dio". Egli adotta una metafora simile al Dnyaneshwari del santo poeta Dnyaneshwar (1275–1296), in cui l'atman (anima) è il guerriero che cavalca il cavallo rappresentato dalla Mente e combatte gli eserciti dell'Io e altre passioni nella ricerca di raggiungere la gloria come Brahman ("Realtà Suprema").

Sheikh Muhammad cita esempi tratti dalle scritture indù per trasmettere le sue idee. Lo Yoga-samgrama fa riferimento agli dei indù Rama, Krishna (entrambi forme di Vishnu), Vishnu e Shiva. Ciascuno dei diciotto capitoli inizia con una invocazione a Ganesha, il dio degli inizi, come previsto dalla tradizione vedica. Tuttavia, i suoi scritti non solo rivelano le sue convinzioni monoteistiche tipiche dell'Islam, a cui tuttavia non risparmia critiche in merito ad alcuni suoi aspetti, ma descrivono gli dei indù come informi (Nirakari), non manifesti ( Avyakta), senza forma o qualità (Nirguna) e invisibili (alaksa).

Lo Yoga-samgrama contiene la leggenda originaria di Vithoba e del suo devoto Pundalik, basato sulla scrittura indù Skanda Purana.

Sheikh Muhammad predica, come anticiato, il Tawid (Unicità di Dio) e scrive: “In cinquantasei lingue un Dio viene esaltato con parole diverse ... sorgono delle scollature a causa di harangue in lingue diverse ... Saluto il sacro Om con cui è noto il dio creatore (Narayan, un nome di Vishnu). I musulmani lo salutano come ya Allah ...”.

Va detto che anche se Sheikh Muhammad era legato all'Islam (sua religione di nascita) scelse il dio indù Vithoba come sua divinità protettrice e tutto questo viene confermato dal suo poema dedicato a Vithoba come Krishna dove si dice: “Attraverso la grazia di Gopala (un nome di Krishna), ho trasgredito tutte le nozioni di purezza e impurità”.

Anche se musulmano portava nel suo cuore Govinda (un nome di Krishna) proprio come il santo poeta Kabir (1440 ca. - 1518 ca.), di cui induisti e islamici si contendono la paternità, la cui divinità protettrice era Rama (sempre manifestazione di Vishnu).

Secondo l'indologo tedesco Hermann Kulke, Sheikh Muhammad accetta le divinità indù classiche, svilendo quelle popolari. Egli prende in giro i santuari della dea madre indù posti sulle strade e nei campi: "Se le divinità fossero così potenti, come mai i cani urinare su di loro?" Critica anche rituali di auto-tortura come l'oscillazione del gancio, eseguita per placare le divinità popolari. Sheikh Muhammad ha condannato in particolare la popolare divinità Khandoba, venerata come una manifestazione di Shiva e i riti del suo culto.

Considerato un santo poeta dagli indù a causa del suo contributo al movimento della bhakti nel Maharashtra, fu elogiato dal santo poeta Ramdas, un devoto vaishnava, come un grande santo.

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