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  • Massimo Mannarelli

LALLA ARIFA, LA SHIVAISTA AMATA DA INDUISTI E MUSULMANI


Lalla Arifa per i Musulmani, Lalleshwari per gli Indù, Lalla Ded (Lalla Madre) è stata la prima poetessa del Kashmir del XIV secolo e non ha eguali fino ad oggi nell'eccellenza poetica delle sue vakhya (composizioni di quattro brevi stanze simili a quartine).

La poesia di Lalla Madre riassume i principi dello Shivaismo Tantrico e del Sufismo Islamico; il suo pensiero modificò profondamente la vita dei suoi contemporanei. Le parole di Lalla Arifa riecheggiano ancora nelle orecchie dei Musulmani del Kashmir così come le corde del suo cuore.

La vita e le parole di Lalla riuscirono a modellare il carattere del popolo Kashmiro preparandolo ad una tradizione d’amore e di tolleranza che dura fino ad oggi.

Yoginī di casta brahmanica, e anche allieva di un maestro sufi, compose quartine nelle quali mostrò un intenso trasporto verso il divino.

Per più di duecento anni l’Islam fu influenzato nell’Asia Centrale e in Persia, sia dagli insegnamenti e dai dogmi del Buddismo Mahayana come dalla filosofia delle Upanishad, le quali dettero luogo alla comparsa del culto dei mistici Musulmani.

Il sufismo rappresentò nel Kashmir di Lalla, una nuova religione che fu trasmessa in questa forma da Sufi illuminati come Hazrat (il Rispettabile) Bulbul Shah, che il popolo Kashmiro, già predisposto agli insegnamenti dei Santi mistici e dei Veggenti, accettò senza grandi problemi.

La vita e la morte di Lalla Yogishvari sono avvolte nel mistero. Secondo i racconti popolari, Lalla Ded morì nell’anno 1400 dell’era Cristiana presso la moschea Jami'a della città di Bijbehara. Il corpo non fu mai trovato dai suoi seguaci, al suo posto rinvennero delle cataste di fiori. Per gli Indù il suo corpo fu dato alle fiamme, per i Musulmani fu sepolto.

Le sue prime biografie risalgono a cronisti Musulmani Iraniani molti anni dopo la sua morte. Si crede che nacque nel villaggio di Sampora, presso Srinagar, nel 1335, al tempo del Sultano Ala-ud-din. Per gli Indù è una reincarnazione, mentre per i Musulmani è una mistica perfetta. Gli Indù affermano che il suo nome era Lal Ishwari, nata da genitori Indù e sempre assorta in meditazione a lodare Dio. I Musulmani ritengono che Lalla fosse avversa alla religione Indù, che si fosse convertita all’Islam sotto Seyyed Husain Samnani, e che ebbe in antipatia Pandit e Bramini. Ebbe vari nomi in Kashmir: Lal Vaid, Lalla-Ji e Lalla-Ishwari. Della sua luce beneficiarono Indù e Musulmani. Entrambi la amano e la rispettano.

Com’era consuetudine locale, si sposò giovanissima ad un prete Bramino del tempio del villaggio di Padmanpora, l’attuale Pampore. Fu maltrattata crudelmente dalla suocera ed il marito invidioso dei suoi conseguimenti spirituali e della sua crescente popolarità, la costrinse ad andar via di casa. Vagò per la giungla, completamente nuda, vivendo austeramente e meditando.

Lalla Arifa proseguì i suoi studi di Yoga sotto Sidh Srikanth finché raggiunse il livello di “Madre che dimora nella beatitudine del nettare divino” (Mata Amritanandamayi o in arabo Umm Hawd ma' al-hayat. La definizione araba fu coniata nell’anno 1210 nel Bengala). Lalla non si fermò qui. Attorno a lei vi era caos e subbuglio. Il popolo del Kashmir ebbe bisogno della sua guida. Aveva una missione da compiere che fece con ottimi risultati.

Dopo anni trascorsi da eremita, divenne una predicatrice errante. La conduzione di una vita ascetica e austera, il suo abbigliamento misero e la mancanza d’ogni agio, costituirono il modello dei suoi insegnamenti per le masse. Alla pari della principessa e poetessa indiana Mira o Mirabai (India settentrionale, 1516-?) che dedicò la sua vita interamente al dio Krishna, vagando e poetando da un tempio all'altro, anch’ella cantò le lodi a Shiva, il grande Amato, e migliaia dei suoi seguaci, Indù e Musulmani, impararono a memoria i suoi famosi Vakyas (detti dei saggi), un misto di filosofia Yoga e di Shivaismo, espressione del più alto pensiero e delle verità spirituali più sublimi, scrupolose, appropriate e soavi. Attualmente le sue quartine sono più difficile da comprendere a causa dell’evoluzione e dei cambiamenti della lingua Kashmiri, ciononostante i riferimenti a termini specifici dello Yoga e della sua filosofia sono numerosissimi.

Gli insegnamenti di Lalla sono comuni a tutte le filosofie religiose: i riferimenti al Vaishnavismo, il gran concorrente dello Shivaismo, sono numerosi; la sua disciplina è memore delle dottrine e dei metodi dei Sufi Musulmani che le furono anteriori; i suoi precetti trovano delle analogie nella Bibbia dei Cristiani che è conosciuta in India da millenni.

Lalla non credeva alle opere buone né in questa vita, né nelle precedenti, dubitava dell’utilità dei pellegrinaggi o della rigorosità della disciplina religiosa.

Per Lalla Arifa nulla valeva se non conforme alla dottrina Yogica e alla sua pratica, di cui uno degli scopi era la distruzione delle opere, sia buone sia cattive.

Ogni attività, per essere efficace, non doveva essere intrapresa a fini di lucro, ma dedicata solo a Lui. Esortò i suoi seguaci a seguire gli ideali dell’amore e dell’altruismo in maniera disinteressata, senza cercare lodi o disapprovazioni (con rinuncia, quindi, ai frutti dell’azione).

Criticò fortemente la stupidità idolatrica e supplicò gli adoratori dei tronchi e delle pietre di volgersi allo Yoga per il conseguimento della salvezza.

Secondo Lalla, l’aspirante doveva tentare sempre più di perfezionarsi in questa vita con fede e perseveranza.

Lo Shivaismo, culla del Tantrismo, è una religione che trae ispirazione dalla natura stessa e che ha trovato in India un fertile terreno di espressione e di conservazione, benché non esista alcuna prova che il suo luogo d'origine sia stato l'India attuale, comparendo quasi simultaneamente in varie parti del mondo i riti e i simboli.

Secondo la Bhakti di Lalla o la poesia mistica, Dio non assumeva alcuna forma concreta, ma era una luce non nascosta in nessun essere materiale o in un determinato luogo. La sua dimora era il cuore dell'essere umano. Lalla riconobbe Shiva o Omkar semplicemente come un nome di Dio. Cercava il vero Dio dentro di sé davanti al quale pregava ripetutamente supplicando che le conferisse la sua gioia eterna sotto forma di magnificenza spirituale e l'ascesa dell'anima.

La sua grandezza sta nell'aver spiegato l’essenza delle sue esperienze realizzate durante le sessioni di Yoga in un linguaggio comprensibile per l’uomo comune. Mostrò in maniera chiarissima l’evoluzione dell’essere umano, la teoria del Nada-Brahman (il suono del Brahman, il suono primordiale che pervade l'universo), le preoccupazioni e le sofferenze di Jiva (l’anima individuale, l’Io soggettivo) e il metodo per scacciarle.

I differenti livelli dello Yoga col risveglio della Kundalini e le esperienze delle ruote (i cakra) sono stati spiegati esaurientemente da Lalla Arifa.

Lalla Arifa si abbandonò alle meraviglie dello spirito, camminò nuda, lottò contro le sue passioni e rinunciò al mondo. I suoi insegnamenti ispirarono migliaia di persone. Era un'anima benedetta in grado di intenerire l'uomo più duro di cuore. Lalla Arifa era una poetessa e cantò la beatitudine spirituale e divina.

Gli scrittori Indù la ignorarono completamente fino al diciannovesimo secolo, e fu Birbal Kachru (1819-46) a recuperarne il simbolo in ambito Induista. Al contrario, gli scrittori Musulmani del Kashmir la citarono continuamente riservandole titoli onorifici come Lalla Arifa (Lalla la Gnostica), Lalla Madjzuba (Lalla l’Estatica) e Rabi'a-e-Sani (la Seconda Rabi'a). Dato che numerosi riferimenti storici attestano che Hazrat Sayyed Hussain Simnani, Hazrat Jalaluddin Bukhari Makhdum Jahaniyan Jahangasht o Hazrat Mir Sayyed Ali Hamdani furono le sue guide spirituali, è molto probabile che Lalla Madre sia stata influenzata profondamente dal Sufismo.

Hazrat Nuru-d-Din Nurani che pare avesse ricevuto l’iniziazione spirituale da Lalla Arifa, dette inizio ad una nuova tradizione Sufica, accettando le donne discepolo in un periodo in cui il Brahmanesimo classico aveva sbarrato le porte alle donne sanyasa (l'asceta errante che ha rinunciato a tutto).

Le cronache Medievali annoveravano tra queste donne: Shama Bibi, Bahat Bibi, Dahat Bibi, Data Bibi, Ganga Bibi e Sala Bibi, tutte grandi ascete.

Lalla Arifa, con la sua superba poesia mistica, ha superato tutte le altre fino ad oggi, e d'altra parte ha impressionato e ispirato il concetto e arricchito il genere vakhya che dura da 700 anni. Oggi è consuetudine ad ogni esibizione musicale che i cantanti inizino con una recitazione della poesia di Lalla.

Shams Faqir, il famoso poeta mistico del Kashmir del XIX secolo, rese omaggio a Lalla Arifa con queste parole: “Portando con sé la ricchezza di eccellenza superiore, Quando andò da un santo ghat per fare il bagno, Nuotò fino a una dimora, dove non c'era nessuno tranne Dio”.

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