I "RISHI" DI SHEIKH NOOR-UD-DIN
Nei Veda si trova il prototipo del monaco nella figura del rishi. In parecchi inni del Rig-veda si trova già espresso il concetto di tapas, “fuoco”, ascesi o austerità, ossia ciò che caratterizza un saggio.
I rishi praticavano le loro austerità religiose generalmente nei loro eremitaggi o nei loro ashram; alcuni di loro potevano essere capifamiglia, mentre altri praticavano la castità, il sacrificio, l’ascetismo e la rinuncia.
L' ordine dei Rishi è una forma religiosa nata all'interno del sufismo islamico presente nella valle del Kashmir dove viene usato l’epiteto induista di Rishi o Baba per descrivere i santi sufi.
Tra i più illustri Rishi di quest’area della valle si annoverano Resh Mir Sàeb e Nund Rishi, noto anche come Sheikh Noor-ud-din Wali (1377-1438), un santo sufi, poeta e predicatore islamico.
Sebbene certamente a conoscenza delle pratiche yogiche, i Sufi Rishi si sforzarono nel prendere le distanze da certe pratiche indù.
Essi erano focalizzati sull'isolamento e ponevano l’enfasi sulla meditazione. Nelle sue memorie, Jahangir afferma che "sebbene non abbiano alcuna conoscenza religiosa o apprendimento di alcun tipo, tuttavia possiedono semplicità e sono senza pretese. Non abusano di nessuno. Trattengono la lingua del desiderio e il piede della ricerca. Non mangiano carne , non hanno mogli e piantano sempre alberi da frutto nei campi in modo che gli uomini possano trarne beneficio, non desiderando loro stessi alcun vantaggio. Ci sono circa 2000 di queste persone”.
Alcuni erano agricoltori e si dice che lo stesso Nund Rishi coltivasse la terra per dimostrare l'importanza spirituale e sociale del lavoro manuale, che i brahmani all’opposto non svolgevano.
Noor-ud-Din rinunciò alla vita mondana all'età di 30 anni vivendo una vita di meditazione in una grotta profonda circa 10 piedi a Qaimoh . Durante i suoi ultimi giorni, sopravvisse bevendo una tazza di latte ogni giorno e, in seguito, bevendo solo acqua.
Noor-ud-Din diffuse i suoi insegnamenti o messaggi attraverso poesie, comunemente conosciute come shruks, formate da quattro a sei versi dedicate a temi religiosi, evidenziando i principi morali ed esaltando la pace. Nei suoi versi ricordò alcuni eventi, tra cui l'arrivo di Mir Sayyid Ali Hamadani in Kashmir.
Egli inoltre lottò per l'unità indù-musulmana. Una delle sue principali poesie è Ann poshi teli yeli wan poshi , che si traduce come "Il cibo prospererà solo fino a quando i boschi sopravviveranno".
La poetessa del Kashmir Lalla Arifa, sua contemporanea, ebbe un grande impatto sulla sua crescita spirituale.
Alcuni studiosi indiani sostengono che fosse suo discepolo e associano la sua poesia al movimento Bhakti, sebbene altri non siano d'accordo.
A Noor-ud-Din è stata anche attribuita la traduzione del Corano in lingua kashmiri.
L'ordine di Rishi ha dato un contributo importante al Kashmiriyat, alla coscienza etnica, nazionale, sociale e culturale del popolo del Kashmir, nonché un contributo distintivo all'Islam globale.
Il poeta del XVII secolo Baba Nasib riassume così l'impatto dell'ordine di Rishi: "La candela della religione è accesa dai Rishi, sono i pionieri del cammino della credenza. La qualità che scalda il cuore delle anime umili emana dall'interno purezza dei cuori dei Rishi. Questa valle del Kashmir, che tu chiami un paradiso, deve molto del suo fascino alle tradizioni messe in risalto dai Rishi”.