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  • Massimo Mannarelli

GLI HIPPIE SVIZZERI DEL MONTE VERITA'


Monte Verità, il cui nome, in origine, è monte Monescia, è una collina sopra Ascona, nel Canton Ticino, Svizzera. Ha assunto il nome di Monte Verità nei primi decenni del XX secolo quando vi è stata fondata una comunità eterogenea di persone accomunate da aspirazioni e ideali utopisti, vegetariani, naturisti, teosofici.

Nel 1899 Henri Oedenkoven, un olandese originario di Anversa figlio di ricchi industriali, frequentatore della colonia di Arnold Rikli nelle adiacenze di Monaco, decise con altri compagni, tra cui Ida Hofmann (insegnante di pianoforte del Montenegro), Karl Gräser (ufficiale dell'armata austriaca) e il fratello Gustavo, Lotte Hattemer (berlinese) di cercare un posto più a sud per fondare uno stabilimento vegetariano-nudista. L'idea era di vivere in modo meno artificioso e più sano da un punto di vista fisico e morale.

Crearono una colonia basata su quelle che la comunità stessa definiva «le mammelle della verità»: anarchia, psicologia, politica, teosofia, mitologia, utopia sociale, riforma dell' anima, danza, musica, letteratura e arte. Ciò che la comunità proponeva ai suoi abitanti era un modo di vivere alternativo, basato sulla libertà di pensiero e azione.

Oedenkoven assicurò che avrebbe messo a disposizione i fondi necessari alla realizzazione del progetto e gli interessati si diedero a cercare il luogo ideale, muovendosi a piedi, già adattandosi così al nuovo stile di vita. I terreni furono individuati nella regione di Ascona e furono acquistati nel 1900.

La loro organizzazione sociale, basata su un sistema cooperativo e attraverso il quale si impegnavano ad ottenere l’emancipazione della donna, l’autocritica, nuovi modi di coltivare la mente e lo spirito e l’unità di corpo e anima, veniva definita come una comunità cristiano-comunista.

L’intensità di ogni singolo ideale vissuto in questa comunità era tale che la voce si sparse in tutta l’Europa e persino oltremare, mentre negli anni la comunità cominciò ad essere progressivamente frequentato da teosofi, riformatori, anarchici, comunisti, socialdemocratici, psicoanalisti, seguiti da personalità letterarie, scrittori, poeti, artisti e alla fine emigrati di entrambe le guerre mondiali: Raphael Friedeberg, il Principe Peter Kropotkin, Erich Mühsam che definì Ascona "la repubblica dei senza patria", Otto Gross il quale progettò una "Scuola per la liberazione dell’umanità", August Bebel, Karl Kautsky, Otto Braun, forse anche Lenin e Trotzki, Hermann Hesse, la contessa Franziska zu Reventlow, Else Lasker-Schüler, D.H. Lawrence, Rudolf von Laban, Mary Wigman, Isadora Duncan, Hugo Ball, Hans Arp, Hans Richter, Marianne von Werefkin, Alexej von Jawlensky, Arthur Segal, El Lissitzky e molti altri.

Vestiti con gli indumenti "della riforma" e con i capelli lunghi, lavoravano giardini e campi, costruivano spartane capanne in legno rilassandosi con l’euritmia e bagni di sole integrali, esponendo i loro corpi a luce, aria, sole e acqua. La loro dieta escludeva cibi animali e si basava interamente su piante, verdura e frutta. Adoravano la natura, predicandone la purezza e interpretandola simbolicamente come l’opera d’arte ultima. "Il prato di Parsifal", "La rocca di Valchiria" e "Il salto di Harras" erano nomi simbolici che con il tempo furono adottati addirittura dalla popolazione di Ascona, la quale inizialmente aveva considerato la comunità con sospetto.

L’ideologia dei primi insediatori richiedeva delle spartane abitazioni in legno tipo chalet con molta luce, aria e scarse comodità. Poco dopo il 1900 cominciarono a spuntare i seguenti edifici: Casa Selma (ora parte del percorso museale), Casa Aida (attualmente utilizzata14), Casa Andrea con la sua facciata geometrica, l’edificio più luminoso (ora trasformato), Casa Elena e la Casa del tè (ora demolita15) e la casa dei Russi rifugio di alcuni studenti russi dopo la rivoluzione del 1905, che sarà rinnovata. La Casa Centrale fu costruita per la comunità e lasciava entrare moltissima luce naturale, con finestre e balconi decorati con i simboli "yin-yang". (Nel 1948 l’edificio fu demolito per lasciare spazio ad un ristorante e attualmente rimane soltanto la rampa arrotondata delle scale).

Henry Oedenkoven costruì Casa Anahata ("concetto buddhista del non sè") come residenza e luogo di rappresentanza in stile teosofico con angoli arrotondati ovunque, doppi muri in legno, porte scorrevoli, soffitti a volta e enormi finestre con vista sul paesaggio come suprema opera d’arte, un ampio tetto piatto e una terrazza per bagni di sole.

Avevano un culto della vita rurale e primitiva che consideravano come una rivolta anti-industriale, libera dalle convenzioni sociali, una forma di religiosità naturistica.

Nel 1920 Ida Hofmann e il compagno Henri Oedenkoven emigrano in Brasile per rifondare una nuova colonia. Lasciano la gestione del luogo agli artisti Werner Ackermann, Max Bethke, Hugo Wilkens e William Werner e di loro non si seppe più nulla.

Seguì un breve periodo bohémien che durò finché il complesso venne acquistato nel 1926 come residenza dal barone von der Heydt, banchiere dell’ex imperatore Guglielmo II e uno dei maggiori collezionisti di arte contemporanea, orientale e primitiva. La vita bohémien si propagò da allora in poi nel borgo e nelle valli del Locarnese.

Nel 1928 Von der Heydt vi fece costruire il nuovo albergo, in puro stile Bauhaus, dall'architetto tedesco Emil Fahrenkamp, dando così impulso a un nuovo corso nel destino architettonico ed estetico di un luogo da sempre eterogeneo come i personaggi e gli influssi che vi erano gravitati.

Alla morte del barone Eduard von der Heydt nel 1964, il Monte Verità divenne proprietà del Cantone Ticino grazie al testamento da lui lasciato, nel quale si affermava che il Monte Verità deve diventare un luogo di manifestazioni culturali.

Con il Monte Verità, il Ticino venne a rappresentare l’antitesi del nord urbanizzato e industrializzato, un santuario per qualsiasi tipo di idealista.

Nel 1989 il Cantone Ticino e il Politecnico federale di Zurigo istituirono la Fondazione Monte Verità, che tuttora gestisce l’omonimo centro congressuale e culturale, e i Congressi Stefano Franscini, piattaforma di incontro per lo svolgimento di congressi internazionali di altissimo livello scientifico

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