ALIJA IZETBEGOVIC' UNA VITA PER L'ISLAM
Alija Izetbegović (Bosanski Šamac, 8 agosto 1925 – Sarajevo, 19 ottobre 2003), attivista, avvocato, scrittore e politico bosniaco, è stato presidente della Bosnia ed Erzegovina dal 1990 al 1996 e membro della Presidenza del medesimo stato dal 1996 al 2000.
All’età di due anni si trasferisce con la famiglia a Sarajevo dove durante la seconda guerra mondiale si unisce ai Giovani Musulmani (Mladi Muslimani), organizzazione capeggiata dal teologo islamico Mehmed Handžić (1906-1944) interessata ad un ritorno allo stile di vita islamico e alla costruzione di una Umma (comunità islamica).
Conclusa la guerra, il maresciallo Tito mette in atto severe restrizioni verso gli attivisti religiosi, etnici e non comunisti, uccidendo centinaia di persone e imprigionando migliaia di attivisti.
Quando i "Giovani musulmani" si trovano a decidere tra il sostegno alla divisione in gran parte musulmana Waffen-SS Handschar o ai partigiani jugoslavi comunisti , alcuni affermano che Izetbegović si unì alle SS Handschar, nonostante la mancanza di prove. Izetbegović viene prima detenuto dai cetnici monarchici serbi a metà del 1944 e rilasciato da Dragutin Keserović per gratitudine per il ruolo di suo nonno nell'assicurare il rilascio dei quaranta ostaggi serbi nel 1914 e successivamente arrestato dai comunisti jugoslavi nel 1946, dopo essere stato sorpreso con un altro attivista musulmano a pubblicare un giornale dissidente islamico intitolato “Mudžahid” (dall'arabo Mujahidin). La testata viene chiusa dalla polizia segreta jugoslava e anche gli altri giornalisti imprigionati.
Izetbegović è condannato a tre anni di prigione con l’accusa di attività anti-comuniste e "affermazioni contro l'Unione Sovietica". Al suo rilascio nel 1949, continua i suoi studi presso l'Università di Sarajevo dove si laurea nel 1956 in giurisprudenza. Pur svolgendo per 30 anni la professione forense, continua a promuovere e pubblicare idee di matrice islamica, all’interno delle quali egli sostiene l’esigenza di un ritorno alla pratica dell’Islam, concepito anche come identità nazionale messa a rischio dal nazionalismo serbo e croato.
Va detto che col termine bosgnacchi o bosniaci musulmani viene definita la popolazione slava convertitesi all’Islam durante il periodo ottomano; tuttavia il termine non va confuso col termine bosnìaci (in bosniaco bosanci, sing. bosanac), etnonimo che fa riferimento a tutti i cittadini della Bosnia ed Erzegovina a prescindere dalla religione professata.
Nel 1970 Izetbegović pubblica un manifesto intitolato "La Dichiarazione Islamica", opera che contribuisce a dargli l'errata fama di fondamentalista islamico.
Egli sottolinea lo stato decadente dell'Islam invocando una rigenerazione religiosa e politica del mondo musulmano.
In due passaggi considerati controversi del testo, Izetbegović dichiara: "non ci sarà mai pace né coesistenza tra la fede islamica e le istituzioni politiche e sociali non islamiche" e che "il movimento islamico può e deve impadronirsi del potere politico perché è moralmente e numericamente così forte che può non solo distruggere il potere non islamico esistente, ma anche crearne uno nuovo islamico".
Le accuse alla sua persona sono da considerarsi discutibili per due ragioni:
la prima riguarda il ruolo del sufismo sia in Bosnia che nell’impero ottomano, si pensi anche solo all’attuale presidente turco Recep Tayyip Erdoğan e dei suoi legami con il sufismo (in particolare modo con la Naqshbandi) e alla figura di Mesud ef Hadžimejlić (1937-2009) teologo bosniaco , Sheikh degli ordini Naqshbandi, Rifai e Mevlevi Tariqats, che dopo la guerra di Bosnia, ha avviato il restauro di moschee, torrette e tekke demolite;
la seconda è che nella nella Bosnia da lui governata non solo sono stati garantiti i diritti delle altre comunità, ma nelle file dell'esercito bosniaco hanno combattuto uomini di tutte le tre religioni monoteiste.
Anche se Izetbegović si ispira maggiormente al Pakistan moderno rispetto al modello Ataturk durante la guerra di Bosnia (1982-1985), Sarajevo si afferma in primis come un modello multi-etnico e religioso criticato in primis dai nazionalismi vicini e poco gradito dagli estremismi dell’estrema destra e sinistra occidentale, come si vedrà successivamente per il Kosovo.
L'opera letteraria più riconosciuta di Izetbegović e di cui si possono trovare ancora copie in lingua francese è "L'Islam tra Est ed Ovest" (1980).
Nel saggio vengono comparate le idee che l'Islam condivide con le altre credenze (includendo tra queste il Cristianesimo, il Comunismo e l'Umanesimo) e si sottolinea l'importanza e la necessità dell'Islam.
Sfortunatamente per Izetbegović, la pubblicazione di questo libro coincide con un'ondata di nazionalismo che attraversa la Jugoslavia successivamente alla morte di Tito, di conseguenza nel 1983 egli, insieme ad altri dodici attivisti di fede musulmana viene processato con le accuse di: "attività ostili ispirate dal nazionalismo musulmano", "associazione per scopi di attività ostile" e "propaganda ostile." Nello specifico, l’accusa principale è quella di voler creare una "Bosnia ed Erzegovina islamica etnicamente pura", asserzione basata principalmente sulla "Dichiarazione Islamica" di Izetbegović, che viene anche accusato di organizzare una visita al congresso musulmano in Iran.
Izetbegović è condannato a 14 anni di prigione, verdetto aspramente criticato dalle organizzazioni per i diritti umani occidentali, come Amnesty International e Human Rights Watch, che fanno notare come gli accusati non avessero usato o provocato violenza.
Successivamente la Suprema Corte bosniaca ha osservato come "alcune delle azioni degli accusati... non rientravano nelle cosiddette caratteristiche criminali” riducendo la pena a 12 anni. Izetbegović è stato rilasciato nel 1988, poco prima della caduta del comunismo.
Il processo è stato lungamente percepito come un processo all'Islam come sistema politico, contribuendo a far crescere l'attaccamento alla nazione dei musulmani. I politici nazionalisti lo hanno sottolineato quando nel 1990 la Jugoslavia è piombata nella guerra civile.
Nel 1991 allo scoppio dei combattimenti in Slovenia e Croazia appare chiaro che anche la Bosnia sarebbe stata coinvolta nel conflitto. Izetbegović inizialmente propone una confederazione per preservare uno stato bosniaco unitario e un’urgente soluzione pacifica. Dall'inizio del 1992 diventa evidente che le rivendicazioni dei vari fronti nazionalisti siano fondamentalmente incompatibili: i bosniaci e i croati sognano una Bosnia indipendente, mentre i serbi cercano di farla rimanere in una Jugoslavia dominata dalla Serbia.
Nel febbraio 1992, Izetbegović convoca un referendum nazionale sull'indipendenza della Bosnia. Ciò provoca minacce dei membri serbi della presidenza nel caso di proclamazione dell'indipendenza, le aree della Bosnia abitate da serbi si sarebbero separate per rimanere con la Jugoslavia. Il referendum viene boicottato dai serbi, che lo considerano incostituzionale, ma ottiene il 99,4% dei voti in favore e un'affluenza del 67%. Il parlamento bosniaco dichiara formalmente l'indipendenza dalla Jugoslavia il 29 febbraio e Izetbegović annuncia l'indipendenza il 3 marzo che però rimane senza effetto fino al 7 aprile 1992, quando la Comunità Europea e gli Stati Uniti la riconoscono come stato.
A seguito del fallimento delle nazioni occidentali nell'evitare l'aggressione serba, Izetbegović stringe sempre più contatti e riceve sostegno da diversi paesi islamici, tra i quali l'Iran, l'Arabia Saudita, il Kuwait e la Libia.
I combattenti stranieri che si definiscono "mujahiddin" si stabiliscono in Bosnia nel 1993 mossi non solo da motivi religiosi, ma dallo sdegno dell’indifferenza della comunità occidentale dinnanzi alla tragedia in corso.
Questi fondamentalisti islamici rimangono invisi alla maggior parte della popolazione bosniaca.
Lo stesso Izetbegović guarda a loro più come un simbolo dell'appoggio del mondo musulmano alla Bosnia che per la loro capacità di fare la differenza sul piano militare, anche se il ministro della difesa di Izetbegović, Hasan Čengić, viene associato ai fondamentalisti e le sue dimissioni del 1996 rappresentano una condizione per l'appoggio statunitense in termini di fondi ed equipaggiamento per l'esercito federale bosniaco soprattutto dopo il massacro di Sebrenica del 1995.
Izetbegović porta avanti l'idea di una Bosnia multietnica, anche se gli avvenimenti sembrano indicarla come una strategia senza speranza.
Al termine ufficiale della guerra con il trattato di pace di Dayton (1995), Izetbegović diventa il presidente della Bosnia ed Erzegovina. I poteri del suo partito diminuiscono dopo che la comunità internazionale installa un Alto Rappresentante per dirigere gli affari di stato, con più potere del presidente e del parlamento di qualsiasi ente bosniaco croato o serbo. Si dimette poi nell'ottobre del 2000 all'età di 74 anni, per motivi di salute. Comunque Izetbegović rimane popolare presso il popolo bosniaco, che lo soprannominò "Djedo" o Nonno. La sua fama permette al suo partito di vincere le elezioni del 2002. Muore nell'ottobre del 2003 a seguito di un attacco di cuore complicato da una caduta in casa.