top of page
  • Massimo Mannarelli

IL BUDDHISMO GUERRIERO DEI SōHEI


Sōhei (letteralmente "Monaco soldato") è un termine della storiografia giapponese che indica un componente di gruppi paramilitari associati ai templi buddhisti in età medievale, nei quali militavano laici e monaci ordinati. Un altro termine di uso comune era akusō "monaco cattivo" (nel senso di monaco in armi).

Gli Sōhei conservavano molte somiglianze con i "monaci guerrieri" degli ordini monastici europei, ma, a differenza di questi, si consideravano appartenenti al medesimo ordine religioso anche tra nemici. Le basi dottrinali che poterono consentire a dei monaci buddhisti di prendere le armi e usare la violenza avevano radici nel Mahāyāna Mahāparinirvāṇasūtra (Sutra del Grande passaggio al di là della sofferenza) importantissimo sutra buddhista di origine sanscrita passato in Cina intorno al V secolo e successivamente giunto in Giappone. Questo sutra, che evidentemente risentiva delle distruzioni dei monasteri buddhisti operate dagli Unni bianchi in Asia centrale intorno al IV e V secolo d.C., invitava i laici, e non solo, ad armarsi per difendere il Dharma buddhista dagli aggressori.

I primi monaci guerrieri apparvero significativamente in Giappone nella metà del decimo secolo quando nei vari feudi si iniziarono a costruire templi diversi tra di loro dedicandoli a soggetti diversi del Buddhismo. Inoltre le eccessive nomine imperiali causarono le prime lotte tra i membri di questi monasteri e le autorità civili che non li riconoscevano. I primi grandi combattimenti si ebbero nelle zone dei templi di Kyōto e Nara. Il primo conflitto armato avvenne nel 949 quando un gruppo di 56 monaci organizzò una protesta fuori dalla residenza di un funzionario imperiale di Kyōto. Queste proteste si protrassero per tutto il X secolo fino a quando non si registrano i primi morti. Nel 970, in seguito ad una disputa tra il monastero buddhista Tendai Enryaku-ji situato sul Monte Hiei e il santuario di Yasaka a Kyōto, Enryaku-ji creò il primo esercito di monaci guerrieri nella storia del Giappone. Non è mai stato chiarito se questo esercito fosse esclusivamente formato da monaci guerrieri oppure se tra le loro file vi fossero anche dei mercenari. Sta di fatto che con la costituzione di questo esercito monastico nacque anche il primo codice comportamentale che tra le altre regole stabiliva il divieto assoluto per i monaci di abbandonare le armi prima di 12 anni di esperienza. A partire dal 981 vi furono i primi conflitti armati tra gli eserciti dei templi di Enryaku-ji e Miidera. Queste dispute erano considerate fuori da qualunque schema politico o religioso e gli scontri erano certamente disdicevoli. Spesso la causa dello scoppio di questi conflitti era la nomina di un "abate" che per il monastero rivale era considerato privo di qualità. Tali conflitti proseguirono nel corso dei secoli con brevi interruzioni e conseguenti violenze fino al 1121 quando gli scontri militari divennero intensi e sanguinosi. Non mancarono tuttavia le alleanze contro uno o più monasteri. La più celebre fu l'alleanza tra i due ex acerrimi nemici, i monasteri di scuola Tendai Enryaku-ji e Miidera, contro il monastero di scuola Hosso, il Kōfuku-ji di Nara. Nel 1571 lo Enryaku-ji fu distrutto e i suoi monaci massacrati da Oda Nobunaga nell’ambito di un progetto politico-militare testo alla riunificazione del Giappone. Ma già nei secoli precedenti alcuni monaci Tendai di rilievo cercarono di riformare la scuola su un piano esclusivamente religioso che non consentisse l'esistenza degli Sōhei. Il tempio Enryaku-ji fu comunque successivamente ricostruito e continua oggi a rappresentare il tempio principale della scuola Tendai.

I monaci guerrieri rimasero in vita fino al 1580 quando gli shōgun compresero che la loro esistenza rappresentava un grave pericolo per l'unità del Paese. Tra questi prima Oda Nobunaga, poi Hideyoshi Toyotomi assestarono un colpo mortale agli eserciti dei monasteri.



29 visualizzazioni

SAVITRI MAGAZINE

 

IL BLOG DI MASSIMO E SIBILLA MANNARELLI

Ogni problema ha tre soluzioni: la mia soluzione, la tua soluzione, e la soluzione giusta.” Platone

bottom of page