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Massimo Mannarelli

KELLER, UNO YOGI AI TEMPI DI FIUME


Guido Keller (Milano, 6 febbraio 1892 – Otricoli, 9 novembre 1929) fu uno dei partecipanti all'impresa di Fiume guidata da Gabriele D'Annunzio.

Ma cogliamo occasione dell’articolo per parlare di lui come fondatore, sempre a Fiume, del gruppo Yoga che aveva come simbolo la svastica e la rosa a cinque petali e che con le sue tendenze esoteriche e naturistiche si oppose alla frangia reazionaria fiumana (come emerge dagli scritti del gruppo Yoga pubblicati su Unione di spiriti liberi tendenti alla perfezione).

Ecco come si parla della nascita di questo gruppo: "Nel novembre 1920, ad avventura fiumana ormai quasi finita, Keller e Comisso decidono di pubblicare una rivista, settimanale, per diffondere le idee della Lega di Fiume. Rifacendosi a un vago misticismo indiano allora di moda, la chiamano «Yoga», con il sottotitolo «Unione di spiriti liberi tendenti alla perfezione»; alla sua sinistra è raffigurata una svastica, l'antico simbolo ariano del sole: «La Yoga riunirà sotto il suo segno l'antichissima e misteriosa svastica, tutti gli uomini forti e fieri, che ambiscono di spezzare questi falsi idoli che sono sulla terra e nelle credenze del nostro spirito, tutti gli uomini che hanno per numi Vita e Bellezza».

Il gruppo di Keller voleva restaurare i «valori dello spirito» in opposizione al materialismo positivista che contraddistingueva quell’epoca.

Tuttavia nel suo primo numero «Yoga» – che attrasse molte adesioni tra i legionari e gli uomini di lettere affluiti nella città in fermento, chiariva l’estraneità dell’iniziativa alle filosofie orientali e tanto più alla meditazione, ma auspicava piuttosto lo sviluppo di energie e prospettive intese a promuovere a Fiume, e da qui ad un più ampio conteso nazionale, programmi duraturi e originali volti a superare le inerzie storiche e morali della società del tempo.

Delle rivista “Yoga” ne uscirono solo quattro numeri il tredici, il venti, il ventisette novembre e il quattro dicembre. Secondo Umberto Carpi fu proprio D'Annunzio a contrastarne la pubblicazione, a causa delle reazioni negative espresse dalle forze più moderate presenti a Fiume. Le idee programmatiche della rivista furono esposte in due articoli “Prolegomeni” e “Prospettive ltaliche”, privi di firma, come del resto tutti gli altri.

In «Yoga» vi sono anche articoli di carattere letterario e artistico, ispirati da Comisso, che si rifacevano alla metafisica di Giorgio De Chirico e di suo fratello Alberto Savinio tra cui ricordiamo il saggio “Anadioménon” di Savinio, ripreso dalla rivista romana «Valori Plastici» e una prosa di Filippo De Pisis, amico di Comisso, “Asilo infantile israelitico”.

La rivista «Yoga» si opponeva anche al futurismo che esaltava il meccanicismo e il modernismo.

In questo vi troviamo tutte le contraddizioni che contraddistinsero una personalità come quella di Keller: amava l'aeroplano, che era l'espressione più alta della tecnologia dei tempi, ma disprezzava la civiltà industriale e la modernità. Del resto, come D'Annunzio, concepiva il velivolo come un prodotto artigianale che doveva, ispirandosi a Leonardo, imitare il volo degli uccelli. L'aviazione per lui diventava una possibilità di evasione spirituale, un sublimarsi ed astrarsi della materia verso i misteri più alti e più puri della natura.

Spesso volava in abiti succinti e in testa, invece del caschetto di cuoio, portava un fez da bersagliere, così che il fiocco sventolasse nell’aria come una coda. A volte, durante le missioni, si portava un libro da leggere, che teneva legato al ginocchio con una corda.

Un pomeriggio dell’estate del 1917, ad esempio, decollò esclusivamente per ammirare lo spettacolo del tramonto sulle foci dell’Isonzo.

Keller aveva una folta criniera di capelli arruffati, una lunga barba incolta e i baffi all’insù, come quelli di un moschettiere. Era trasandato nel vestire, quando vestiva. Sembrava più un barbone che un ufficiale. A volta indossava vestiti eleganti, ma spesso macchiati di olio e stazzonati, con l’aria però del vero dandy e modi raffinati. Era un igienista e si era convertito al naturismo. Un movimento appena nato in Germania, come reazione all’industrialismo e all’inurbamento, una sorta di ritorno alla natura, ma anche un rifiuto dei tabù e dell’ipocrisia borghese. E se c’era qualcosa di antiborghese Keller non se lo faceva scappare. Con il bel tempo se ne andava in campagna, si denudava, prendeva il sole, faceva esercizi yoga, lunghe marce, corse, ginnastica e spesso organizzava orge dove ci partecipavano sia maschi che donne.

Non resisteva al gusto della provocazione e dell’esibizione. Si faceva fotografare nudo, in pose bizzarre oppure vestito, ma a braghe calate e seduto su un vaso da notte. Era vegetariano, per non dire vegano. Si cibava principalmente di frutta, facendo pasti frugali e leggeri. Keller non dormiva nelle baracche degli ufficiali, ma come una sorta di eremita. Adottò un somaro, battezzato Camillino, che si caricava sul sedile dell’automobile per portarlo alla base. Girava con un’aquila sulla spalla che portava il suo nome.

A volte si potrebbe dire che avesse le sembianze di un sorta di Sadhu, uno Yogi ai tempi di Fiume.


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