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Massimo Mannarelli

LA MORTE DELL'IO IN MATTA EL MESKIN


Matta el Meskin (Matteo il Povero), al secolo Yūsuf Iskandar (Banha 1919 – Il Cairo 2006), monaco copto ortodosso egiziano, padre spirituale del monastero di San Macario il Grande, deserto di Scete, dal 1969 alla morte, è stato teologo, ecclesiologo, esegeta, ma soprattutto asceta e autore spirituale noto e apprezzato in tutto il mondo tanto che i suoi libri sono stati tradotti in diciassette lingue.

Per Matta el Meskin tutto il cammino cristiano poggia su un fondamento che deve essere chiaro alle menti sia dei neofiti che di coloro che intendono percorrerlo fino alla fine. È impossibile prescindere dalla presenza di un amore sincero e ardente per Dio, una fede che fa affidamento a Dio solamente, un abbandonarsi serenamente alla volontà di Dio e una disposizione continua a rinnegare se stessi. In realtà, ciò rappresenta la sintesi dei comandamenti del Signore. È il Vangelo stesso che si fa regola di vita.

La vera morte al mondo è crocifiggere se stessi: è una morte interiore che non dipende dal digiuno, da precetti o da tanti atti di culto. Dipende piuttosto, prima che da tutte queste cose, ma accanto ed oltre ad esse, dal rinnegamento di se stessi, dalla compiacenza a rinunciare a se stessi e dall'abbandono pronto, spontaneo e senza esitazione della propria volontà.

Su questo fondamento bisogna costruire un’azione che ne sia specchio e prolungamento, che si realizza nell’uomo per mezzo di Dio, che si compie attraverso le avversità, le prove e le più svariate tribolazioni che attanagliano l’uomo, sia dentro che fuori, che si pone in essere attraverso una pratica continua della metanoia, lungo tutto il corso del cammino, la sottomissione a Dio dell’ego e l’abbandono della propria volontà.

Tutti gli elementi che contribuiscono alla morte a se stessi e al rinnegamento di sé, che aiutano la graduale distruzione della volontà propria e delle passioni, come il sopportare l'ingiustizia, le offese e lo scherno, la noncuranza nei confronti dei tuoi desideri, il disprezzo delle tue idee, delle tue opinioni e delle tue necessità primarie, il sopportare le sofferenze e le malattie che incontri nella vita, proprio questi elementi accendono l'amore divino e ne alimentano il fuoco.

Le porte dell'amore divino sono spalancate per il monaco che vuole morire a se stesso e non conoscere più la propria volontà, perché al di là della morte a se stessi nasce la forza dell'amore, perché il Signore si rivela solo nei cuori di coloro che si sono abbandonati a lui totalmente e completamente. "Se uno vuol essere mio discepolo non conosca se stesso, prenda la sua croce e mi segua" (Mc 8,34).

Nessuno pensi che il processo della morte dell'io sia complesso, ricco di misteri o gradi differenti. Non può essere! È estremamente semplice, non è altro che la determinazione della persona di affidare l'intera sua vita in ogni particolare, il passato insieme al presente e al futuro, senza esitazione, nelle mani di Cristo, rinunciando così per sempre ai propri desideri, come un bambino affida con amore al padre quanto di più caro possiede, sicuro di ricevere in cambio qualcosa di ancora migliore. Consegniamo a Cristo il nostro "io" impuro e mondano e la nostra volontà stupida e folle e al loro posto riceviamo l'Io stesso e la vita di Cristo, mentre egli ci trasporta sulle ali della sua santa volontà.

Il monaco che cerca il volto di Dio deve ricordare che il dio dell'uomo naturale è il suo proprio io; quest'uomo è pronto a sacrificare il fratello, la famiglia e Dio stesso per soddisfare le proprie passioni e i propri desideri. Di conseguenza quando si intraprende la vita monastica inizia una lotta senza riserve tra il proprio io e Cristo. Prima di essere una guerra aperta, visibile o tangibile, essa è qualcosa di non definibile e spaventoso, qualcosa che spesso uno percepisce solo dopo aver commesso delle gravi colpe nei confronti di Cristo. L'autentico monachesimo è la pratica della morte radicale a se stessi, cercando di spezzare tutte le strade che conducono al proprio io, così che non possa mai più risorgere e rivivere la sua persona.

Il monachesimo è la via della vera e autentica morte al mondo, cioè a se stessi. Per Matta el Meskin la comunità monastica nella quale vive è per il monaco l'arena in cui si sottopone alla morte a se stesso. Se un monaco si sottopone a questa morte in tutta verità e sincerità verso Dio e ogni giorno incomincia a vivere in Cristo, le porte dell'Amore divino si spalancano davanti a lui. Quando l'amore divino s'accende nel suo cuore, allora finalmente la vita in comunità diventa per il monaco un nuovo mondo di amore in cui fa traboccare la sua gioia.

Egli dice: “Perciò, sia che siate giovani, sia che siate anziani nella vita monastica, riflettete bene: se la comunità monastica è diventata per voi un luogo di amore, allora avete segretamente raggiunto lo scopo della vostra chiamata e la nuova vita. Il nostro unico compito è amare Dio e trovare la nostra gioia in quest'amore”.




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