LE GUERRIERE GIAPPONESI: IL PIU’ GRANDE SEGRETO DELLA STORIA DEI SAMURAI
La figura femminile ha avuto in Giappone un ruolo fondamentale se si pensa che la fondatrice del Giappone fu proprio una dea, Amaterasu. Ma si contarono anche numerose imperatrici, tra cui alcune abili guerriere, come l’imperatrice Jingu (III secolo d.C.) che invase la Corea. Negli annali storici si trovano anche riferimenti a potenti sacerdotesse. Soltanto quando la Cina cominciò a influenzare il Giappone, la donna perse la sua importanza, fino a trasformarsi dopo il XIII secolo in un elemento sociale sottomesso al padre, al fratello, al marito, al figlio.
Anche se oscurata dal prestigio dell’uomo, la figura della donna samurai è comunque esistita. Se una donna nasceva in una famiglia di Samurai era anche lei una Samurai, quindi le mogli e le figlie dei samurai erano anch’esse samurai. Queste donne guerriere erano note come “onna bugeisha”.
Le Onna-Bugeisha erano donne guerriere di estrazione nobile, che appartenevano alla stessa classe dei samurai, ma il cui compito era generalmente relegato all’ambito domestico: in assenza del marito/padre/fratello dovevano occuparsi della gestione della casa e della sua difesa. Per questo, per difendere la proprietà e l’onore della famiglia, venivano addestrate a combattere. Le tecniche marziali da loro adottate prevedevano di nascondere pugnali tra la capigliatura come fossero fermagli oppure celati nelle ampie maniche di un kimono; inoltre erano addestrate all’uso dell’arco, che veniva utilizzato in battaglia, anche in sella ad un cavallo.
Una delle principali donne samurai nonché una delle ultime fu senza dubbio Nakano Takeko
Nacque a Edo (odierna Tokyo) in un’importante famiglia di samurai, nel 1847, e venne educata come confaceva alla sua classe sociale studiando calligrafia e letteratura ed esercitandosi nelle arti marziali. La sua bravura nel combattimento era tale che il suo maestro, assai rispettato in città, la adottò. Insegnava alle bambine più piccole (tra cui anche la sorella minore) l’arte del combattimento con la naginata, l’arma tipica delle onna-bugeisha e si entusiasmava per le storie delle donne guerriere nel vecchio Giappone sognando di poter dimostrare il suo coraggio, come aveva fatto la leggendaria Tamoe Gozen, l’unica di cui erano rimaste tracce nell’epica dei samurai. La Gozen era la più famosa “onna bugeisha” citata in leggende e poemi nipponici, sposa del generale Minamoto Yoshinaka e considerata suo primo capitano, veniva mandata in avanscoperta, equipaggiata di armatura, spada ed arco. Ritenuta da tutti la più valorosa tra i guerrieri, era amata, temuta e rispettata.
Takeko seguendo l’esempio di questa eroina seguì il suo maestro e continuò a insegnare arti marziali in altre prefetture.
Nel 1868 viveva nella regione di Aizu, dove fu protagonista di una decisiva battaglia, durante la guerra Boshin.
Quelli erano anni di disordini e contrasti, provocati dalle ingerenze di Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna in Giappone, che sfociarono in una guerra civile che vide contrapposti lo shōgunato di Tokugawa e l’imperatore Kōmei e poi il figlio Meiji. Il confronto riguardava due visioni del mondo da una parte chi voleva aprirsi all’esterno e dall’altra chi voleva tenere chiusi i confini.
Quelli erano anni in cui il Giappone era stato praticamente costretto a firmare dei trattati parecchio sfavorevoli, che aprivano al commercio straniero con Stati Uniti, Paesi Bassi, Gran Bretagna e Francia. L’economia del Paese ne risentì pesantemente: aumentò la disoccupazione, crebbe l’inflazione mentre gli stranieri speculavano sui cambi. Furono anni di rivolte contadine e di attacchi numerosi agli stranieri e a quei giapponesi che li sostenevano: la sede della delegazione statunitense a Edo venne bruciata, e gli occidentali non si sentirono più molto sicuri nella terra del sol levante. Nonostante questo, i vari governi colonialisti di rifiutarono di rivedere quei trattati commerciali così penalizzanti per i giapponesi.
Nell’aprile 1863, l’imperatore, appoggiato da molti samurai ormai ostili allo shōgun, decise di riprendere in mano le redini del potere con “L’Ordine di espellere i barbari”, entro il 10 maggio. Andando contro una tradizione secolare l’imperatore sfidò lo shōgun, e gli impose di dichiarare la fine di ogni rapporto con gli stranieri.
Ogni delegazione estera ricevette questa comunicazione: “Gli ordini del comandante supremo, ricevuti da Kyoto, prevedono che i porti debbano essere chiusi e gli stranieri cacciati, perché la popolazione del paese non desidera avere rapporti con l’estero”.
Gran Bretagna, Francia e Olanda attaccarono varie città del Giappone, con l’appoggio di chi era favorevole all’apertura del paese verso l’occidente.
Si giunse così alla battaglia di Aizu che vide protagonista Takeko. La samurai, visto che non poteva combattere con le forze regolari, organizzò un corpo di Jōshitai, donne guerriere.
Takeko guidò così una ventina di donne di cui facevano parte anche la madre, la sorella minore e molte altre addestrate all’uso della naginata. Le Jōshitai decisero di affrontare all’arma bianca le forze nemiche dotate di armi da fuoco. Quando gli imperialisti si accorsero che i soldati nemici erano donne, cessarono il fuoco e le guerriere ne approfittarono per avanzare e affrontarli con le loro naginata (un lungo bastone alla cui estremità era posta un’affilata lama e che veniva utilizzato unicamente dalle donne). Ne uccisero molti, prima che dall’altra parte ricominciassero a sparare.
Nakano Takeko riuscì ad abbatterne cinque o sei con la sua spada, prima che un colpo di fucile le squarciò il petto. Con l’ultimo filo di voce chiese alla sorella di decapitarla, perché la sua testa non fosse esibita come trofeo dai nemici, ma potesse ricevere un’onorevole sepoltura.
Nakano Takeko può essere considerata, senza distinzione di genere, uno degli ultimi samurai, nella lunga storia di questa leggendaria casta di guerrieri, sconfitta solo dai tempi moderni.
Lo storico Stephen Turnbull definisce "le imprese delle guerriere giapponesi come il più grande segreto della storia dei Samurai."
Il Giappone non dimentica le sue donne guerrriere e ogni anno, durante il festival d'autunno di Aizu, le ragazze giapponesi marciano in processione in memoria di Nakano Takeko e del suo esercito al femminile, mentre le imprese dell'Imperatrice Jingū (la prima donna guerriera), prima donna a comparire su una banconota giapponese (nel 1881), sono tutt'ora grande motivo di orgoglio nazionale.
Ma forse il tributo più grande alla forza e al coraggio delle onna-bugeisha è scritto nell'epica Heike Monogatari, in cui si legge una descrizione celebrativa di Tomoe Gozen: "Una guerriera che vale come mille, pronta a combattere contro demoni o divinità, a cavallo o a piedi."