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  • Sibilla Mannarelli

MASAHIRO OKI, IL PADRE DELL'OKIDO YOGA


Masahiro Oki nasce l’8 novembre 1919 in Corea, da famiglia giapponese. Viene al mondo al sesto mese di gravidanza e i suoi primi anni di vita sono una continua lotta per la sopravvivenza. A otto anni incontra presso la casa paterno il maestro Otthama Bhikkyu, monaco e guida spirituale della rivoluzione birmana che gli racconta della vita dei grandi profeti della storia umana: Mahavira, Buddha, Gesù, Maometto e che gli permette per la prima volta di entrare in contatto con lo Yoga inteso come “la strada che porta a diventare maestri e allievi di se stessi”.

A dodici anni i suoi amici lo chiamano “dottore” perché ha imparato molte cose grazie all’amicizia di un medico cinese e perché sa già usare gli strumenti medici di cui è piena la casa.​

Studia e pratica le arti marziali, che lo porteranno a conseguire, durante tutto l’arco della sua vita, ben trentasei dan nelle varie discipline. A quattordici anni, durante un allenamento di kendo, un colpo al petto, preso senza la dovuta protezione, aggrava la sua tubercolosi, tanto che, secondo le previsioni dei medici, non avrebbe superato i venti anni.

Suo padre muore quando lui non ha ancora compiuto 15 anni lasciando una famiglia di nove figli e una situazione finanziaria difficile. Masahiro, che è il più grande, diventa di fatto il capo famiglia: la responsabilità si fa molto pesante per lui ed è così che è tentato di togliersi la vita. Ma è proprio a quel punto di disperazione che raggiunge una prima illuminazione e avviene un cambiamento profondo nel suo atteggiamento. Comincia a studiare e a praticare ancora con più decisione poiché, sapendo di dover morire presto, vuole valorizzare al massimo la sua vita.

Il suo impegno di studio lo porta, a soli diciotto anni, ad essere chiamato per insegnare tecniche per lo sviluppo del corpo e della mente alle alte gerarchie militari giapponesi e ad entrare di lì a poco nei servizi segreti dell’esercito partecipando a missioni in molti paesi del mondo. Dopo aver rischiato la morte in Mongolia, parte per l’India con una lettera di presentazione per il Mahatma Gandhi con cui vive a contatto disinteressandosi però in quel momento alla filosofia e alla pratica Yoga.

Lascia l’India (dove tornerà anni più tardi con uno spirito ben diverso) e si reca in Arabia per studiare la lingua e la religione dell’Islam e poi in Persia, dove ha il compito di prendere contatto con i rivoluzionari musulmani. Viene però scoperto dalla polizia, arrestato e condannato a morte. Nella sua cella c’è un uomo molto anziano, anch’egli condannato a morte, che si distingue per la sua estrema serenità. Oki diventa allievo di quell’uomo imparando da lui tecniche di meditazione e riti religiosi che lo portano a raggiungere una grande pace interiore. Quest’uomo altri non è che Hoseini-shi, padre dell’Ayatollah Khomeini. Aiutato dai guerriglieri, Oki riesce ad evadere e non riuscirà più ad incontrare questo suo maestro.​

Nel 1945, alla fine della guerra, disgustato dall’infelicità e dall’ingiustizia che questa comporta decide di dedicare tutto se stesso alla promozione della pace. Si adopera per il rispetto dei diritti umani dei prigionieri di guerra e cerca di organizzare un gruppo di servizio sociale su scala mondiale. Si fa monaco ed entra in un tempio Zen dove trascorre due anni, ma la staticità non fa per lui e così lascia quell’esperienza per riprendere a viaggiare.

Nel 1951 è inviato ufficialmente dall’Unesco in India e Pakistan per aiutare nei processi di pace. Collabora con il Ministero dell’Educazione e riceve l’appoggio di quello della Sanità per la costruzione e la direzione di un ospedale per lebbrosi, che edifica, insieme ai malati, e che costituirà un momento fondamentale della sua vita. In quello stesso periodo fa esperienze di digiuno e di meditazione nelle foreste indiane.

Profondo conoscitore ed esperto della medicina occidentale, così come di quella orientale, dedica molto del suo impegno alla terapia, elaborando un suo metodo e curando casi anche gravissimi. E’ proprio lui il primo a diagnosticare a se stesso un cancro al duodeno. Questo fatto gli permette di comprendere che il suo errore sta nel praticare Yoga per fare del bene a se stesso e raggiungere la propria illuminazione e salvezza, mentre il vero Yoga è dedicarsi agli altri ed alla loro salvezza fisica, ma soprattutto spirituale. Impara a convivere con i sintomi della sua malattia senza più rifiutarli e approfondisce la sua ricerca. Il cancro diventa una spinta straordinaria al suo impegno di studio.

Dopo alcuni anni di insegnamento in America e in Europa, insieme a George Osawa, fondatore della Macrobiotica, viene invitato da questo a dirigere il Centro Macrobiotico di Tokyo dove insegna filosofia e pratica dello Yoga.

Nel 1958 è ancora nelle foreste indiane per praticare lunghi periodi di digiuno e di meditazione.

Nel 1962 la Buddhist Society of America lo invita ad insegnare yoga cosa che fa anche in Brasile prima di tornare in Giappone.

Nel 1967 fonda l’Oki Yoga Institute a Mishima. Studiosi e ricercatori di tutto il mondo lo conoscono e richiedono la sua presenza. Anche l’imperatore Hirohito è fra coloro che vogliono conoscere il suo insegnamento, così come ministri, principi e persone importanti.

Sempre nel 1967 crea un yoga dojo a Mishima chiamato “The Society For Searching Truth through Practice” (società per la ricerca della verità attraverso la pratica).

La caratteristica principale dell’Oki-do Yoga è unificare i diversi campi del sapere umano e proporre insegnamenti comprensibili e praticabili anche dall’uomo moderno. E’ uno strumento per cercare la verità nella vita di tutti i giorni. Grazie al suo lavoro pionieristico, Masahiro Oki ottiene la laure ad honorem in Medicina in Svizzera e il dottorato di Filosofia in India.

Nel 1980 ispira, in Giappone, il 1° congresso internazionale di Yoga al quale partecipano circa ottomila persone di tutte le nazionalità.

Nonostante la sua popolarità rifiuta ogni riconoscimento mondano e di creare o guidare una qualsiasi organizzazione.

Muore il 25 luglio 1985, nel mare di Pesaro.

Queste le sue ultime parole ai suoi allievi prima di morire: “Ognuno è il vostro insegnante e tutti noi siamo insegnanti l’uno dell’altro. La malattia è la stessa cosa: è la vostra insegnante. Imparate dalla malattia, cosicché potrete sentirvi grati verso di essa. Io ho visto tanta gente ammalata, ma nessuno che senta gratitudine per i suoi problemi. Per esempio, pensate di avere una moglie cattiva: in realtà non è cattiva ma è piuttosto la vostra insegnante. Se proverete gratitudine l’uno verso l’altro non bisticcerete e non vi scontrerete. È difficile da realizzare questo! Per esempio, se qualcuno vi picchia e voi la prendete come se fosse un buono stimolo per la salute, o per risvegliare qualcosa in voi, non vi farete male, e anzi potrete ricavarne qualcosa di buono per voi stessi. Ma se le ricevete con rabbia, allora le botte fanno male, avranno su di voi un effetto negativo. Se durante questa settimana abbiamo commesso degli sbagli, scusateci, vi prego. Sono responsabile di quegli sbagli e me ne scuso. (…) Questa è vera autoriflessione, questo è lo spirito di ahimsa, la non-violenza. Se praticate questo la vostra anima diventerà pacifica. (…) Hoshi, servizio devoto, vuol dire fare quello che è utile per voi e per gli altri, usando quello che avete, facendo ciò che vi è possibile. Il nostro staff ha fatto del suo meglio per dare quello che ha, anche se non so in che percentuale lo abbia offerto. Loro fanno un buon servizio. ‘Grazie di cuore l’un l’altro’, questo è il significato della parola gasshò. Una mano lavora per sé e l’altra lavora per gli altri. Con il gasshò le riuniamo: vuol dire grazie da ambo le parti. Kansha, zanghe, gheza e hoshi (gratitudine, autoriflessione, umiltà e servizio devoto) sono le qualità che mancano di più nell’anima degli uomini. La maggioranza delle persone ha il cuore freddo. Vi spiegherò il significato della frase ‘seimei soku kami’’, ‘la Forza vitale è Dio’. Molti fraintendono il significato della parola Dio. Capiscono la parola Dio, ma non capiscono Dio. Anch’io all’inizio non capivo cosa voleva dire Dio, perché credevo in un dio artificiale, quello che il Cristianesimo, il Buddismo o altre cosiddette religioni ci insegnano. Un dio artificiale non è un vero Dio, è una bugia. Il dio di cui parlano è artificiale. Studiano nell’università o nei collegi di teologia per indurre la gente a credere in questo dio artificiale. Sapete perché è stato creato un dio artificiale? Perché nella nostra anima umana c’è il desiderio di dipendere dagli altri. Chi ha un modo di pensare dipendente crea un dio artificiale con l’aspettativa che ci sia qualcun altro che l’aiuti. Per esempio, quando una nazione A e una nazione B vogliono fare la guerra, si creano il proprio dio artificiale, fanno pregare la gente per quello e lo usano per fare la guerra. Così, se vi mettete tra quelli che non credono in nessuna delle religioni esistenti, allora potete capire cosa vuol dire che ‘la Forza vitale è Dio’. È religione quella che insegna i principi fondamentali, la purezza, la verità assoluta. La cosa fondamentale è la Vita, la Forza vitale. La Forza vitale crea tutto quello che è necessario. La Forza vitale governa ogni cosa, in questo modo la Forza vitale è Legge di Natura, è Dio. ‘La Forza vitale è Dio’, vuol dire che voi stessi siete Dio, voi siete i vostri stessi salvatori, nessun altro lo è. Religione vera vuol dire sviluppare se stessi per poter migliorare il più possibile e rispettare se stessi come Dio. Questa qualità è sparita, avete perso questa qualità. Bisogna rigenerarla. La vostra origine, alla nascita, è divina ma crescendo avete perso queste qualità. Nessuno è nato con un’anima cattiva. Siamo nati tutti con queste qualità originali buone. Il vero io è Atman, natura divina, sana. Così, vi prego, da oggi pensate e agite come persone devote. Pensate di essere Dio, allora saprete come comportarvi. Ieri due persone stavano litigando e ognuna di loro affermava di avere ragione. Ma se avessero pensato come uomini religiosi avrebbero parlato come uomini religiosi. La stessa vita esiste in ogni cosa, così ogni cosa è Dio; è la Vita stessa. Allora viviamo trattandoci come se fossimo Dio, facendo il necessario per esserlo. Se correggerete il vostro stile di vita in questo modo, tutti potrete agire secondo la vostra natura originale. Allora questo mondo diventerebbe un paradiso. Vi prego, da ora in avanti, agite tutti come esseri divini”.



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