PALITANA, LA PRIMA CITTA’ VEGAN GRAZIE AL JAINISMO
La città di Palitana, uno degli insediamenti più antichi dell’India, situata nello stato indiano del Gujarat, è la prima città vegana al mondo. Dal 14 agosto 2014 ha, infatti, deciso di diventare una “meat-free zone” e macellazione, vendita e consumo carne, pesce e uova sono considerati illegali.
Tutto ciò è avvenuto anche grazie ad un gruppo di 200 monaci Jainisti che hanno portato avanti un lungo sciopero della fame chiedendo di vietare la macellazione di animali e la vendita di carne e uova all’interno della città.
Palitana dunque, nonostante le resistenze iniziali di una parte della popolazione (il 25% della popolazione è musulmana), ha deciso di mettere in atto questo cambiamento rivoluzionario.
Grazie alla vocazione sacra di Palitana, detta anche “città dei templi”, i monaci sono riusciti a vincere la loro battaglia. “La carne è sempre stata facilmente reperibile in questa città, ma è contro l’insegnamento della nostra religione – afferma Sadhar Sagar, credente giainista – è da molto che chiediamo un divieto assoluto di consumare cibo non vegetariano in questo luogo sacro”.
Palitana per i Jainisti ha un’antica tradizione di non-violenza e di compassione per tutte le creature viventi. Si narra che già nel Medioevo l’intero stato del Gujarat, sotto la guida del saggio Re Kumarpal, si convertì al vegetarianesimo, rifiutando qualsiasi uccisione o maltrattamento animale. Il Re, ispirato dagli insegnamenti del maestro Jain Acharya, seguace di Mahavira, introdusse il divieto di mangiare animali e di ucciderli non solo per nutrirsi, ma anche per le attività sportive, il divertimento o qualsiasi forma di umiliazione e sopraffazione.
Il Jainismo (o Giainismo) è una religione molto antica che si basa sugli insegnamenti di Mahavira (559 – 527 a.C.), asceta di nobile estrazione, che indicò la via alla perfezione umana sulla base della non-violenza.
La Spiritualità jainista si basa sulla regola aurea dell’Ahimsa (la non violenza), il rispetto attivo nei confronti di ogni vita, animale e vegetale, che è divina e sacra, e contiene un’anima individuale eterna, potenzialmente perfetta e santa, che aspira a liberarsi dai vincoli con la materia.
La condotta dei Jain è dunque orientata al pacifismo, alla tolleranza, alla protezione della creazione e delle creature, alla continenza, alla mitezza, al vegetarismo, all’altruismo, alla sincerità e al perdono.
Nel Jainismo ci sono cinque Regole principali (gli aspiranti Yogi troveranno molti punti di contatto con Yama e Nyama di patanjeliana memoria):
Nonviolenza - Ahimsa
Castità - Brahmacharya (o fedeltà coniugale per i laici sposati)
Verità e sincerità - Satya
Non rubare e non essere mai scorretti o sleali - Asteya
Non attaccamento - Aparigraha.
La simbologia jainista consiste nella luna, nei tre punti, nell'AUM o Svastica (dal Sanscrito "Salute", "Prosperità"), nel palmo della mano con al centro la ruota (Chakra), nella figura di contorno che racchiude tutti questi simboli. Ecco il significato di ciascuno dei simboli:
I tre punti rappresentano la Trinità jainista, la Via della Liberazione: Retta Fede (Samyak Darshan), Retta Conoscenza (Samyak Jnana) e Retta Condotta (Samyak Charitra).
La luna rappresenta il luogo dove risiedono le Anime liberate (Moksha).
La Svastica ha quattro raggi che ricordano che le anime non liberate sono sottoposte a un continuo ciclo di nascite, sofferenze, morte.
Il palmo della mano simboleggia l’affermazione "Non avere paura" rivolta agli Esseri viventi, sofferenti a causa dei legami karmici, affinché non si scoraggino nel proseguire saldamente sulla Via della Liberazione.
La ruota (Chakra) con i ventiquattro raggi rappresenta la Dottrina insegnata dai ventiquattro Saggi Tirthankara (i ventiquattro Saggi Tirthankara sono esseri umani illuminati e autoliberatisi grazie alla loro condotta e alla loro disciplina; il loro compito è essenzialmente quello di indicatori della Via verso la Liberazione).
Mahavira insegnò la parità di tutti viventi, senza distinzione di casta, di sesso, di specie, di razza o di religione. Le sue azioni e i principali contributi si possono così riepilogare.
Si oppose ai sacrifici animali e umani, alle superstizioni che popolavano, (e popolano ) l'India e ai rituali creati per ottenere benefici per la vita successiva. Come alternativa diffuse il cammino della non violenza (Ahimsa) basato sull'impegno e sugli sforzi personali del singolo individuo.
Abolì la tradizione ormai consolidata di non permettere alle donne in generale e a tutti gli uomini e le donne delle caste più basse il diritto allo studio e alla partecipazione alle funzioni religiose. Iniziò allo studio religioso e filosofico persone di tutti i ceti sociali. Fornì uguali diritti allo studio per tutti. Eliminò il sistema delle caste in tutte le aree in cui il suo pensiero si diffuse.
Sotto la sua influenza lo status normale basato sulla casta, il benessere, la ricchezza e la potenza fu sostituito da un altro basato su valori etici e morali.
Parlò alle persone con lingua comune e non utilizzò il sanscrito, il linguaggio degli istruiti e delle classi più elevate.
Promosse l'idea di un cammino di distacco dai piaceri attraverso penitenze, austerità, e meditazione. Ancora oggi gli ordini monastici e ascetici jainisti si fondeno sul distacco, equanimità, consapevolezza, non violenza e disciplina.
I suoi seguaci provenivano da tutte le classi sociali ed erano uomini e donne, con larga presenza di queste ultime, ancora oggi l'ordine monastico jainista e formato prevalentemente da monache, le quali sono generalmente insegnanti.
Nel Jainismo le donne rivestono da sempre un ruolo molto importante. Le monache Jain (Saddhvi) hanno accompagnato Mahavira fin dagli inizi della sua predicazione e formano una delle più antiche comunità ascetiche dell’India, attualmente due volte più numerosa di quella degli uomini. La 19ma tra i 24 Saggi Tirthankara (=Costruttori del Ponte) è una donna, Mallinatha, alla quale è dedicato un grandioso tempio sul monte Girnar, in Gujarati.
Mallinatha era una principessa talmente desiderata e bella che ben sei principi la volevano in sposa. Poiché ella rifiutava di incontrarli, essi per vendetta dichiararono guerra a suo padre. Non sopportando la disperazione del padre, Mallinatha accettò allora di incontrare i sei pretendenti, facendoli ricevere in sei stanze separate, da ciascuna delle quali ogni principe poteva contemplare la statua della bellissima principessa. Il giorno dopo, mentre i sei innamorati erano in estasi di fronte alla sublime bellezza della scultura, giunse Mallinatha: tolse i fiori di loto che ricoprivano la statua e subito un insopportabile fetore inondò l’aria. Disse: “Signori, all’interno della statua ho collocato ogni giorno degli alimenti; potete constatare ora che cosa sono diventati. Anche il mio corpo è fatto così: la decomposizione è insita nella mia stessa natura. Non fatevi dominare dal desiderio, dalle passioni, dal senso del possesso”.
Convinti da queste parole, i principi abbandonarono i loro regni e abbracciarono l’ascetismo.
Mallinatha raggiunse quel giorno stesso la Liberazione.