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Massimo Mannarelli

PENSIERO PER FRATE GIORGIO BONATI


Frate Giorgio Bonati (1964 – 2019) era un frate cappuccino, ordinato sacerdote nel 1992 dal cardinale Carlo Maria Martini. Fu cappellano all’ospedale di Bergamo, cosa che lasciò un segno nella sua azione pastorale per gli anni successivi.

La sua persona fu sempre attenta ad accarezzare con tenerezza sia le ferite del corpo che quelle dell’anima e la commozione degli incontri di quegli anni permeò il libro “Il mio diario di ospedale”.

La scrittura come la musica furono per lui veicolo importante di emozioni interiori, ma anche di fede sussurrata.

Ogni pagina mattutina del suo diario, come ricordano i suoi fratelli francescani, era non solo un risveglio all’attenzione, ma anche riverbero di uno sguardo incantato, di meraviglia per la bellezza di ogni giornata pur al cospetto della fragilità dell’esistenza umana. Altre pagine erano di lode alla maestosità dell’albero secolare e all’umiltà del filo d’erba, all’effimera bellezza di un battito di ali di farfalla e al volo d’un gabbiano sulla scogliera, la tenera luna e il sole radiante che “dell’ Altissimo porta significazione” .

Dopo aver vissuto nei conventi di Crema, Milano e Roma si trasferì nel convento di Poppi, nel Casentino dove, tra il 2011 e il 2014 incontrò l’esperienza di fraternità realizzata alla Pieve di Romena da don Luigi Verdi, trovandosi con quest’ultimo in perfetta sintonia. Entusiasta di questo luogo del cuore, ne seguì le attività e i corsi, accompagnando le confidenze dei viandanti con un ascolto attento alle sfumature. Romena fu, per lui, un intreccio di relazioni personali importanti, tra cui in primis l’amicizia profonda con don Luigi Verdi.

Arrivato a Varese nel 2014, ripropose il linguaggio di Romena attraverso serate, incontri, eucaristie. Anche a Bergamo, una sera al mese, era presente con le sue proposte. L’incontro spesso alternato da parole e musica creava la dimensione più spontanea per la comunione fra le persone. Coinvolto nel dialogo ecumenico ed interreligioso, ne agevolò il cammino assumendosi la responsabilità di scelte anche coraggiose pur di superare inutili steccati.

Di se stesso, come discepolo di Gesù, fra’ Giorgio scrisse: “Nel mio piccolo ho tentato di essere annunciatore dell’Amore di Dio. Non ho mai avuto altro desiderio e scopo, ad ogni celebrazione eucaristica o ad ogni incontro, se non quello di parlare dell’amore di Dio, a volte con emozione, altre con sospiri, ma sempre e solo stupendomi di aver incontrato un Dio così libero. Parole d’accoglienza, parole senza giudizio e ricolme di misericordia, di gioia, così semplici che tutti i bimbi, spero, non abbiano mai faticato a comprendere. L’altro giorno mi chiedevo perché non mi sono mai messo in ricerca di Dio nella mia vita. La risposta è venuta spontanea: che bisogno ho di cercare Dio se Dio è in me? Se abita da sempre la mia pelle, il mio sangue, i miei pensieri. L’unica cosa da fare è accorgersene! Ebbene sì, Dio è la cosa più abituale della mia vita, per questo non sento la necessità di parlarne continuamente, perché lui si intrufola in ogni dove e alla fine c’è!”

Ricordandolo, padre Ermes Ronchi ha scritto: “Solo gli occhi. Occhi che avevano luce, erano i suoi, che avevano indossato quelle che Paolo chiama “le armi della luce”. Occhi di lucerna, li dice il Vangelo: quelli di fra’ Giorgio erano così, una manciata di luce e di allegria che ti chiamavano all’abbraccio. Lui sapeva il segreto del Vento che ripulisce gli occhi, sapeva dove è di casa la luce, conosceva le strade, e ne ritornava carico. Lo guardavo, lo ascoltavo e capivo che aveva soggiornato in Dio, che Dio è luce, e il mio cuore mi diceva che anch’io ero fatto per la stessa luce.”

Padre Giorgio lasciava il corpo nella notte del 15 novembre 2019 per un incidente stradale mentre tornava da una conferenza nel cuneese.

Mi giunse notizia della sua dipartita solo tre mesi dopo mentre tenni, insieme a mia moglie, un seminario su “Yoga e Islam” a Ispra; solo allora realizzai a cosa era dovuto il suo silenzio alle mie ultime telefonate e messaggi a lui inviati.

Conobbi Frate Giorgio durante una conferenza da lui organizzata in ricordo di San Francesco d'Assisi presso il convento della comunità dei frati Cappuccini di Varese, in cui fui ospite insieme a Simone Vanni per parlare dell’incontro tra San Francesco e Islam.

Ancora oggi mi capita di ricordo con commozione, del suo passaggio nella mia vita mi sono rimasti, oltre ai ricordi personali, un regalo fatto a mia figlia, un legno intagliato dalla forma di un albero con una pietra a forma di cuore incastonata e un libro di poesie "Il Volo di Vel" in cui solo dopo la sua morte rilessi trovando questa dedica: "E' così bello camminare insieme su questa terra e ogni tanto spiccare il volo". Mi solleva pensare che il suo viaggio sia proseguito per raggiungere le braccia dall’Amato.


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