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  • Massimo Mannarelli

LO YOGA NELLA TARIQAH SHATTARI

Lo Shaikh Burhanuddin Raz-i-Ilahi racconta che Muhammad Ghawth fu morsicato ad una coscia da un serpente velenoso, ma il suo potere era sconfinato che il serpente immediatamente morì. Uno Yogi che assistette all’episodio riconobbe nello Shaykh un Siddha perfetto, con questo aneddoto si voleva ricordare le grandi potenzialità taumaturgiche dei cosiddetti Yogi Sufi.

Ciò che desta maggiore impressione nelle pratiche Yogiche dei testi dell’Ordine Sufi Shattariyya è appunto la sua relazione, seppur lieve, con i principi dottrinali della Teologia Indù.

Nonostante il processo di islamizzazione dello Yoga da parte di Muhammad Ghawth (vedi mi articolo precedente) gli Shattari svilupparono successivamente meditazioni e pratiche che non erano più debitrici dello Yoga integrale; tuttavia quest’ultimo rimane vivo attraverso continui aneddoti come quello che ricorda dello Shaykh ‘Isa che chiese ad un discepolo di visualizzare il suo futuro Maestro nelle vesti di un Sufi Shaykh appropriato, di un Qalandar errante o di uno Yogi; così facendo il Maestro avrebbe permesso al suo discepolo di studiare con uno Yogi se ciò lo avesse aiutato a evolversi spiritualmente.

I primi Shattari erano ben consapevoli che quest’approccio estatico poteva violare la loro relazione tradizionale e storica con l’Islam.

Tuttavia è innegabile che essi eseguirono le pratiche Yoga più di qualsiasi altro gruppo: controllo del respiro, posture di Yoga, lavoro sui chakra, dieta, l’uso dell’Hindavi (un proto dialetto Hindi anche conosciuto come Bhaj) nello dhikr.

Nella via Shattari il neofita ha la sensazione di essere alla costantemente nella presenza di Dio, il murid lasciandosi alle spalle il mondo materiale risale verso la sfera divina (tale struttura rispecchia la trama del romanzo dei Sufi indiani denominato “Madhumalati” o “Jasminum Grandiflorum” composto nel 1545 da Manjihan, un Sufi Shattari).

L’ordine Sufi Shattariyya fu fondato da ‘Abdallah Shattari verso l’anno 810 in India, e rivendica un isnad risalente al grande Arif (Iniziato), lo Shaykh Abu al-Hasan al-Khurqani (425/1033-34), il quale ebbe una conversazione iniziatica con lo spirito del defunto Abu Yazid al-Bistami (Bayazid).

La confraternità si fregia del nome Shattar (deriva dall’Arabo Shatir, cioè “recidere, staccare”. Indica la persona che recide i legami con questo mondo) e sostiene di aver per caratteristica la predestinazione alla coppa paradisiaca dell’acqua di vita (sharab tuhur) che ha ubriacato il Profeta dell’Islam facendogli dire “Io sono Ahmad, senza mim = Ana Ahad = Io sono il Dio unico).

Contrariamente alla maggior parte dei mistici Musulmani che enfatizza la servitù adorativa dinanzi alla Signoria di Dio, ovvero il Fana (“l’Estinzione in Dio”) di sé stesso e la Baqa’ (“l’Unione Permanente con l’Assoluto”) con Dio, la Shattariyah, pone in rilievo l’Io, gli atti personali, gli attributi personali che rendono divina una persona, e l’unione personale con Dio. Afferma che il Fana o il Nirvana implicherebbe due Sé, il primo riguarderebbe il suo annichilimento e l’altro si preparerebbe per la tappa finale della visione di Dio. Tale dualità è opposta al Tawhid (“Unicità”) su cui il Sufismo si fonda.

La Shattariyya rigetta la pratica Sufi della Mujahadah (“sforzi di natura ascetica nella lotta spirituale per conquistare l’anima che incita al male”), sostenendo che focalizzarsi eccessivamente sul Sé distrae dalla conoscenza di Dio compiuta dall’esperienza personale e dall'unione ultima.

Il loro particolare regime spirituale si fonda sui digiuni, sugli esercizi ascetici, sulle pratiche di visualizzazione delle lettere Arabe che compongono i nomi di Dio. Il corpo umano è visto come la manifestazione divina del microcosmo, e le combinazioni delle lettere collocate nel cosmo che rappresentano i nomi di Dio, vengono cifrate e associate alle varie zone del corpo.

All’interno della Via Shattaryya vi è la naturale tendenza al fenomeno delle iniziazioni multiple come possiamo leggere nei resoconti biografici del fondatore del ramo Indiano della confraternita, `Abd Allah Shattari (morto il 832/1428-9), a cui si attribuiscono le iniziazioni alle confraternite Qadiria e Kubrawia. Anche Baha' al-Din Ansari (morto nel 921/1515) fu conosciuto come un discepolo della confraternita Qadiria affiliato (mashrab) contemporaneamente all’ordine della Shattariyya. Muhammad Ghawth stesso fu iniziato a quattordici confraternite Sufi differenti.

Il molteplice lignaggio viene concepito e giustificato come un tentativo di massimizzazione storica della tradizione del Sufismo; il fatto poi che questo fenomeno si sia realizzato all’interno della trasmissione spirituale Uwasy denota che l’estasi spontanea rende omaggio alla tradizione storica stessa. Il termine “Uwaysi” infatti designa il musulmano mistico istruito da un Santo fisicamente assente; ciò non impedisce di pensare anche ad una sorta di iniziazione cosiddetta “Solare”; tra i Shattari molto sono gli eremi soggetti a richieste di estasi spirituale in totale disaccordo con l’Islam più tradizionalmente ortodosso.

Tale approccio catechistico portò successivamente ad una serie di persecuzione subite dai principali organizzatori e dai Maestri della Shattariyya stessa che modularono esternamente la loro naturale tendenza all’esperienza estatica.

La repressione da parte delle autorità diversamente tradizionaliste portò gli Shattari e diminuire le loro pratiche o quanto meno a non renderle più pubbliche limitando notevolmente la loro divulgazione verso l’esterno.

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