top of page
Massimo Mannarelli

AL HALLAJ. IL CRISTO DELL'ISLAM


L’ispirazione portò Abu al-Husayn-b-Mansur-b-Mahamma al-Baydawi, meglio conosciuto con il nome di al-Hallaj, a comporre poesie, detti enigmatici e disegni. A differenza dei poeti persiani del Trecento, come Hafez, in cui sacro e profano si mescolavano, Al Hallaj si muove in un modo più decisamente simbolico.

Egli si lascia trasportare dall’ispirazione, considerando primari e superiori il sentimento estatico e «l’innamoramento» per Dio, portando l’irrazionalità ad una sorta di “ebbrezza spirituale”.

Al Hallaj definito anche come «il cardatore di segreti» (colui che scioglie e ricompone i più reconditi nodi delle conoscenze umane), personaggio enigmatico, ebbe una visione atipica dell’Islam; l’approccio letterale del Sacro Libro era per Hallaj semplice rivestimento considerando la parte più profonda del messaggio coranico nella semplice “ragione del cuore”.

Per Al-Hallaj non si può seguire una sola religione, poiché la «religione d’Amore» di cui parlerà Ibn ‘Arabi si erge al di sopra tutte le religioni cercando essa stessa l’uomo, ed è quindi superiore a tutti i precetti e gli insegnamenti. Cercare Dio è dunque inutile perché é Lui che si avvicina a noi.

Hallaj diceva: Ho molto pensato alle religioni, per capirle, e ho scoperto che sono i molti rami di un’unica Fonte.

Non pretendere dunque dall’uomo che ne professi una, così s’allontanerebbe dalla Fonte sicura. È invece la Fonte, eccelsa e pregna di significati, che deve venire cercando, e l’uomo capirà.

La convinzione della fondamentale unità di tutte le religioni diventerà tema ricorrente nel “Tasawwuf”, si pensi a questi bellissimi versi di Ibn ‘Arabi: Il mio cuore è divenuto capace di accogliere ogni forma: è un pascolo per le gazzelle, un convento pei monaci cristiani. E’ un tempio per gl’idoli, è la Ka’ba del pellegrino, è le tavole della Torah, è il libro sacro del Corano. Io seguo la religione d’Amore, quale che sia mai la strada che prende la sua carovana: questo è mio credo e mia fede.

Il nocciolo del pensiero di Hallaj può riassumersi così brevemente: «L’aria la sento, ma non la vedo; così è Dio, lo sento col cuore». Tuttavia quello che colpisce è il tentativo di andare oltre le parole, nella consapevolezza che esse non siano sufficienti a spiegare il disegno divino, bisogna quindi ricrearlo ridando forma tramite un segno nuovo capace di definire il cammino dell’uomo verso la verità; tale Via altro non è che l’esperienza stessa dell’incontro con Dio che porta il credente vero e sincero a trovarsi faccia a faccia con l’Uno; allora gli attributi divini si sostituiscono a quelli umani e l’esistenza individuale scompare per un breve istante ritornando successivamente nella propria condizione mondana portando con sé la memoria di quel momento; la vicinanza e la trascendenza di Dio.

L’amore estatico ed appagante di Hallaj per Allah lo porterà a gridare “Ana’l-Haqq” , io sono la verità, ovvero “io sono Dio”; Sono Colui che amo, e Colui che amo è me. Siamo due spiriti infusi in un solo corpo. Se tu vedi, vedi Lui, se tu Lo vedi, vedi me. Ho visto il mio Signore con l’occhio del cuore, Gli ho detto: “Chi sei?” Egli disse: “Te!”

Il tentativo di mostrare quanto l’amore porti a Dio e quanto nell’amore Dio sia portato

all’uomo venne considerato un atto blasfemo dalla rigida ortodossia e quindi condannato.

Dopo una prigionia di nove anni all’età di sessantacinque anni, il 26 marzo 922, al-Hallaj viene condotto davanti alla Porta del Khorasan, a Baghdad, dove gli vennero amputati mani e piedi; inchiodato ad una rozza croce ed esposto al ludibrio della folla. Successivamente giustiziato, la testa cadde, il tronco venne cosparso di petrolio e bruciato e gli arti dati in pasto alle belve. L’albero che vuole protendere i suoi rami fin nel cielo più alto deve sempre affondare le sue radici fino all’inferno.

“Martire del sufismo” venne chiamato il Gesù Cristo dell’Islam. Si narra che, nelle ultime ore di vita, fosse sempre allegro e ridesse spesso. «È la civetteria della bellezza divina» rispondeva a chi ne chiedesse il motivo; quando poi fu in punto di morte, un amico gli chiese: «Cos’è il sufismo?». Rispose: «Quello che vedi ora».

257 visualizzazioni

SAVITRI MAGAZINE

 

IL BLOG DI MASSIMO E SIBILLA MANNARELLI

Ogni problema ha tre soluzioni: la mia soluzione, la tua soluzione, e la soluzione giusta.” Platone

bottom of page