ARTE E NUOVA ERA IN DIEFENBACH
Karl Wilhelm Diefenbach è il nome dello straordinario personaggio di questo scritto. Egli nacque il 21 febbraio del 1851 ad Hadamar, che nella Germania preunitaria era capitale del regno di Nassau, in Assia. L’educazione del paidós (bambino) Karl fu fortemente influenzata da un lontano parente di nome Lorenz, sacerdote cattolico, etnologo e romanziere. Quest’uomo colto, intelligente e sincretista, esaltò la profondità d’animo del giovane avviandolo verso un misticismo che, in seguito, lo condusse all’iniziazione Teosofica.
A vent’anni si trasferì a Monaco, nel quartiere di Schwabing, iscritto all’Akademie der Bildenden Künste. Dal 1874, a seguito di una grave forma di tifo e di una convalescenza lunga e complicata, abbandonò la formazione universitaria e iniziò a delineare la sua filosofia artistica ed esistenziale caratterizzata da un modello di vita rigidamente pauperistico, dedicandosi al libero amore e vestendosi solo di una tunica di sacco e sandali.
La sua predicazione propugnava la profonda unità tra arte e vita, il nudismo, l’antimilitarismo e il vegetarianismo, non risparmiando di accusare apertamente le contraddizioni sociali e morali della Germania dell’epoca, tutta tesa all’industrializzazione e al riarmo. L’etica di Diefenbach può essere sicuramente considerata l’avanguardia di quella che verrà poi designata Lebensreform.
Il messaggio di Diefenbach creò vasti consensi tra la popolazione e molti giovani cominciarono a seguire le sue regole di vita. Dopo una famosa predica a Monaco “Sulle origini della miseria umana” gli venne addirittura proibito di parlare in pubblico. Presto le autorità tedesche avviarono contro di lui una vera e propria campagna diffamatoria etichettandolo come “pervertitore e corruttore dei giovani”, “sobillatore e pazzo” e denigrando anche il suo operato artistico.
Nel 1885 lasciò Monaco andando a stabilirsi in una cava abbandonata, la Steinbruchhaus di Höllriegelskreuth nella valle dell’Isaar, sempre in Baviera.
Qui fondò la sua prima comune in collaborazione con uno dei suoi più stretti compagni, il pittore Hugo Höppener, alias Fidus. A capo della sua famiglia patriarcale, la moglie e tre figli, cominciò a concretizzare il sogno di un laboratorio artistico in cui condurre una vita esemplare. Höppener organizzò anche la prima mostra di Diefenbach a Monaco, ma la personalità autoritaria di quest’ultimo diede luogo ad una serie di liti tra i due amici. Diefenbach venne anche attaccato dalle autorità governative con l’accusa di non essere in grado di badare ai suoi figli, e quando i membri della comune vennero sopresi a prendere il sole nudi, si dovette difendere nel primo processo nudista della storia tedesca. La condanna al carcere fu commutata in forti ammende, cosa che rese la suasituazione finanziaria sempre di più insostenibile.
Nel 1892 si trasferì a Vienna dove, grazie all’interessamento del mercante Karl Mauer, ebbe la possibilità di esporre all’Österreichischer Kunstverein. L’associazione viennese era sull’orlo della bancarotta ed era alla ricerca di una mostra sensazionale. Diefenbach dipinse undici grandi murales e anche se non erano di soggetto erotico-voyeuristico, come speravano gli organizzatori, riuscirono ad attirare 78.000 visitatori in cinque mesi. Tuttavia la mostra fu un fiasco economico per Diefenbach che entrò in conflitto anche con il gruppo di artisti Wiener Kunstverein.
Diefenbach decise comunque di rimanere in città e nel 1897 vi fondò la controversa comune di Ober St. Veit, alla periferia di Vienna, da lui gestita in modo alquanto dispotico. Questa comunità di 24 uomini e donne venne chiamata “Humanitas”, qui i membri potevano sperimentare naturismo, vegetarismo, devozione alla natura condividendo i beni.
Il progetto “Humanitas” di Diefenbach era sostenuto da una cerchia di amici tra cui la pacifista e vincitrice del premio Nobel per la pace, Bertha von Suttner, e lo scrittore Michael Georg Conrad.
A Trieste oltre ad una esposizione delle sue opere l’artista realizzò il fregio lungo 70 metri per il transatlantico austriaco Franz Ferdinand Erzherzog. Anche quella triestina fu solo una tappa perché, dopo aver vissuto per qualche tempo in una fortezza abbandonata, nel 1900 decise di intraprendere un lungo viaggio via mare con l’intenzione di raggiungere l’India, anche se poi pensò di fermarsi in Italia trasferendosi definitivamente sull’isola di Capri il 31 dicembre 1899.
Dagli inizi del XIX secolo, fino all’arrivo del turismo di massa negli anni ’50, Capri fu un rifugio per artisti, scrittori, musicisti e utopisti in fuga dalle censure di tutta Europa. Nel 1897 l’isola fu raggiunta da Oscar Wilde in compagnia di Lord Alfred Douglas. Romaine Brooks arrivò lo stesso anno di Diefenbach e nel 1903 l’aristocratico francese Jacques d’Adelswärd-Fersen iniziò il suo esilio autoimposto. Dell’opera di Diefenbach si interessarono sia il medico Axel Munthe che lo scrittore Maxim Gorki mentre Rainer Maria Rilke menzionava Diefenbach solo come figura eccentrica.
L’isola si rivelò per lui un’inesauribile fonte d’ispirazione: “Capri mi basterà per tutta la vita con queste aspre rupi che adoro, con questo mare tremendo e bellissimo benché, é in verità, io soffra il martirio del boicottaggio dei miei connazionali che venendo qui muovono contro di me vergognose accuse di immoralità ed empietà”.
A Capri, nei tredici anni di permanenza, produsse molte opere nel suo atelier di via Camerelle. Visse sostanzialmente isolato nonostante la popolazione dell’isola non gli fosse ostile. Con la sua figura imponente, il modo di vestire monacale, i capelli lunghi e i sandali indossati anche d’inverno, predicava il vegetarianismo e la fratellanza universale in agitate prediche sulla piazzetta della funicolare che gli valsero i giudizi ironici e sprezzanti da parte d’intellettuali e popolani.
Diefenbach sperava di trasformare le sue terribili condizioni finanziarie vendendo il suo lavoro a ricchi espatriati e visitatori dell’isola. Nel 1906 si trasferì a Casa Grande nella città di Capri. In una posizione molto prominente adiacente alla funicolare, era sia la sua casa che il suo studio e – dal 1907 – uno spazio espositivo. L’esterno era decorato con figure dell’enorme fregio di Diefenbach “Per aspera ad astra”.
Per riuscire a sopravvivere, il pittore avvicinava i forestieri per strada invitandoli a visitare l’atelier accanto alla terrazza della funicolare, oggi rimpiazzate da boutiques. Diefenbach non trovò a Capri la sognata felicità.
Morì il 13 dicembre 1913 per un attacco di peritonite e la sua opera scivolò ben presto nel disconoscimento e nel disprezzo.
Sfortunatamente le sue grandi tele tardo-simboliste con sfondi scuri e scene drammatiche erano molto distanti dalle stereotipate vedute dei Faraglioni. Basterà ricordare che Edwin Cerio, personalità di riferimento della Capri più mondana, trovava le tele di Diefenbach “dipinte in quella maniera bituminosa in cui lui e la sua scuola avevano raffigurato il paesaggio caprese funestato dalla sua predicazione”.